I dazi di Trump: un boomerang per imprese e consumatori italiani
Il 2 aprile 2025 l’amministrazione Trump ha proclamato il cosiddetto “Liberation Day”, annunciando una nuova stagione di politiche protezionistiche. La misura principale? Un dazio universale del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, cui si somma una tariffa aggiuntiva del 20% sui prodotti provenienti dall’Unione Europea. Un colpo durissimo per l’export italiano, che rischia di trasformarsi in un boomerang economico per imprese e consumatori, anche nel nostro Paese.
Imprese italiane penalizzate: a rischio l’export Made in Italy
L’Italia è il terzo paese europeo per esportazioni verso gli Stati Uniti, e molti dei settori chiave dell’economia nazionale sono ora in allerta. Agroalimentare, moda, meccanica, farmaceutica e automotive sono i comparti più esposti all’aumento dei costi per i consumatori americani.
Secondo stime di Coldiretti, il solo comparto agroalimentare italiano potrebbe subire una perdita annuale di circa 1,6 miliardi di euro a causa della riduzione della domanda statunitense. Il rischio maggiore? Il rafforzamento del fenomeno dell’Italian Sounding, ovvero l’imitazione di prodotti italiani da parte di aziende estere, che può indurre in errore i consumatori e sostituire il vero Made in Italy con surrogati di dubbia qualità.
Crescita in frenata: l’allarme di Confindustria
Il Centro Studi di Confindustria ha già rivisto al ribasso le stime sul PIL italiano per il 2025: da una crescita attesa dell’1,2% si è scesi allo 0,6%. In uno scenario di tensioni commerciali prolungate e dazi permanenti al 25%, la crescita potrebbe addirittura precipitare allo 0,2% nel 2025 e 0,3% nel 2026.
La manifattura italiana, già sottoposta a pressione a causa della congiuntura economica globale e dell’inflazione, rischia così di rallentare ulteriormente, compromettendo la competitività delle imprese e la stabilità occupazionale di intere filiere produttive.
L’effetto indiretto sui consumatori italiani
Se l’impatto diretto delle tariffe Trump si riversa soprattutto sulle imprese, anche i consumatori italiani rischiano di pagare un prezzo alto. In primis, perché la contrazione dell’export può tradursi in una riduzione della produzione e dei posti di lavoro in settori chiave. A cascata, questo può indebolire il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
In secondo luogo, l’eventuale risposta dell’Unione Europea – che già valuta contromisure proporzionate – potrebbe portare a un incremento delle tariffe sui prodotti statunitensi in arrivo in Europa. Il risultato? Un aumento dei prezzi su alcuni beni di consumo importati, come tecnologia, abbigliamento o alimenti confezionati di origine USA.
Conclusione: tra protezionismo e ripercussioni globali
Quella che si presenta come una “liberazione” per le aziende statunitensi rischia di generare una nuova spirale di protezionismo e contraccolpi economici. I dazi imposti dall’amministrazione Trump potrebbero indebolire le relazioni commerciali internazionali, favorendo invece dinamiche di ritorsione, instabilità e rincari generalizzati.
In questo scenario, l’Italia – come parte dell’Unione Europea e come nazione fortemente orientata all’export – deve prepararsi ad affrontare un periodo di forte incertezza economica, sostenendo le imprese più esposte e tutelando il potere d’acquisto dei consumatori.