Giurisprudenza consumatori

Cassazione civile sez. I, 01/07/2024, (ud. 23/05/2024, dep. 01/07/2024), n.18009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G.   – Presidente Relatore

Dott. ABETE Luigi             – Consigliere

Dott. GARRI Guglielmo         – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi          – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora       – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 9782-2021 R.G.

proposto da:

Ab. Spa, elettivamente domiciliata in Roma, via Sardegna 14, presso lo studio dell’avvocato …………………….. (Omissis) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati …………………. (Omissis) e ………………………….. (Omissis)

– ricorrente –

Contro

Fu.Gi. e La.Ma., elettivamente domiciliati in Nuoro via Deffenu 25, dom. digitale, presso lo studio dell’avvocato Claudio Solinas (Omissis) che li rappresenta e difende

– controricorrenti –

e

Fr.Ni.

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro n. 321-2020 depositata il 1.10.2020

udite alla pubblica udienza del 23.5.2024 le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Mauro Vitiello, che ha chiesto accogliersi il ricorso quanto ai soli motivi n. 2 e n. 3;

uditi gli avvocati Guido Alpa, Ernesto Stajano e Enrico Campagnano per la parte ricorrente;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.5.2024 dal Consigliere Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti.

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di pace di Nuoro con sentenza n. 530 del 2018 ha accolto la domanda di Fr.Ni., Fu.Gi. e La.Ma. che avevano chiesto l’accertamento della non debenza da parte loro della somma di Euro 817,77, relative ad alcune fatture emesse dalla Spa Ab., relativa ai consumi effettuati nel periodo 2005-2011 a titolo di “conguagli regolatori” per consumi d’acqua.

Ha proposto appello Ab., eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, chiedendo accertarsi la legittimità degli addebiti per i “conguagli regolatori” e dei provvedimenti presupposti e sostenendo che il diritto era sorto al momento della sua previsione e che il richiamo al periodo 2005-2011 non si riferiva all’effettivo consumo idrico erogato agli effetti della prescrizione.

Il Tribunale di Nuoro con sentenza del 1.10.2020 ha respinto l’appello con aggravio di spese a favore dei resistenti Fr.Ni., Fu.Gi. e La.Ma.

Il Tribunale ha ritenuto che la giurisdizione spettasse all’autorità giudiziaria ordinaria alla stregua del criterio del petitum sostanziale, poiché gli attori avevano chiesto accertarsi la non debenza da parte loro delle somme pretese da Ab. a conguaglio di partite pregresse e la sua domanda riguardava il rapporto individuale di utenza, senza proporre impugnazione dei provvedimenti generali di revisione tariffaria, pur essendo diretta a rilevare l’illegittimità della tariffa applicata e quindi concerneva diritti soggettivi di fonte contrattuale, pur comportando una indagine incidentale sugli atti amministrativi.

Quanto al merito, il Tribunale ha ritenuto che il potere di AEEGSI di determinare la tariffa del servizio idrico secondo il principio del recupero dei costi efficienti non comprendeva la possibilità di applicare una integrazione tariffaria commisurata ai consumi già effettuati, poiché tale provvedimento, con la quantificazione dei conguagli su quella base, si risolveva nell’introduzione di una tariffa integrativa retroattiva, illegittima perché violava il divieto di retroattività degli atti amministrativi e i principi di affidamento e buona fede nell’esecuzione del contratto.

Secondo il Tribunale, dunque, non era consentita una modifica “ora per allora” della tariffa con ricalcolo senza limiti delle partite debitorie.

Avverso la predetta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione Ab. con atto notificato il 31.3.2021, svolgendo tre motivi.

4.1. Con il primo motivo, proposto ex art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ. la ricorrente Ab. denuncia violazione dei limiti della giurisdizione del giudice ordinario, nonché violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. e dell’art.133, comma 1, lettera c), cod. proc. amm. Osserva la ricorrente che la posizione dedotta non era meramente patrimoniale e che le contestazioni investivano in via principale la legittimità delle scelte tecnico amministrative discrezionali delle Autorità di settore (AEEGSI, poi ARERA, e EGAS) in ordine all’individuazione e alla regolazione del costo del servizio idrico integrato e all’ammontare dei conguagli regolatori per partire pregresse.

4.2. Con il secondo motivo, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2935 e 2948, n. 4, c.c., 142, comma 3, e 154 del D.Lgs. n. 152-06, 9 della direttiva n. 2000-60-CE, 21, commi 13, e 19 del D.L. n. 201-11, come convertito, 10 del D.L. n. 70-11, come convertito, 3 del D.P.C.M. 22 luglio 2012, nonché della delibera n. 643-2013-R-idr della AEEGSI, della delibera 26.6.2014, n. 18 dell’ente d’ambito della Sardegna, nonché del regolamento del servizio idrico integrato. Il motivo investe la sentenza impugnata là dove la Corte territoriale non ha accolto il motivo di appello di Ab. avverso la sentenza di primo grado in punto prescrizione della sua pretesa.

4.3. Con il terzo motivo, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con cui la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 142, comma 3, e 154 del D.Lgs. 152-2006, all’art.9 della Direttiva 2000-60-CE, all’art. 21, commi 13 e 19 del D.L. 201 del 2011, conv. con modif. dalla legge 22.12.2011 n. 214, all’art. 10 D.L. 70-2011, conv. con modif. dalla legge 12.7.2011 n.106, all’art.3 D.P.C.M. 22.7.2012, all’art. 1339 cod. civ., alla delibera AEEGSI 643-2013-R-IDR, alla delibera 26.6.2014 n. 18 dell’Ente di ambito della Sardegna, al regolamento del servizio idrico integrato. La ricorrente lamenta l’errata interpretazione delle norme che regolano il sistema tariffario nel servizio idrico integrato perché la definizione delle partite pregresse ad opera delle competenti autorità amministrative (AEEGSI, poi ARERA ed EGAS, Ente d’ambito per la Sardegna) era conforme al fondamentale principio, nazionale ed Europeo, del pieno recupero dei costi di investimento e gestione ottimale del servizio; le determinazioni tariffarie delle Autorità di settore integrano ex art. 1339 cod. civ. il regolamento di fornitura.

4.4. Mentre Fr.Ni. è rimasta intimata, con controricorso notificato il 6.5.2021 Fu.Gi. e La.Ma. si sono costituiti nel giudizio di legittimità, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso avversario.

La ricorrente ha depositato memoria con la contestuale costituzione di nuovi difensori, svolgendo alcune precisazioni in ordine alla legittimità dei conguagli regolatori e al relativo riparto dell’onere della prova e rinnovando la richiesta di discussione in pubblica udienza. Hanno depositato memoria anche i controricorrenti, opponendosi alla rimessione in pubblica udienza.

Con ordinanza interlocutoria del 19.1.2024 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.

Il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento dei motivi secondo e terzo.

Le parti hanno depositato ulteriore memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

In altri ricorsi di analogo contenuto, trattati alla stessa pubblica udienza del 23.5.2024, la parte controricorrente ha rivolto istanza alla Prima Presidente per l’assegnazione alla sezione tabellarmente competente, individuata nella 3 sezione civile e la Prima Presidente ha demandato al Collegio della 1 sezione civile ogni decisione al proposito. Il Collegio, benché non investito da specifica sollecitazione in questo specifico procedimento, ritiene che sussista la legittimazione della 1 sezione civile, competente in materia di pubblica amministrazione, a trattare il presente ricorso che riguarda essenzialmente i temi della natura, portata ed efficacia dei provvedimenti emessi dalle Autorità regolatrici del pubblico servizio idrico.

Sulla questione di giurisdizione, oggetto del primo motivo, sul quale la parte ricorrente ha dichiarato di non insistere particolarmente in sede di discussione orale, si sono di recente pronunciate le Sezioni Unite, dichiarandola infondata (Sez. U. 11.10.2022, n. 29593; Sez. U, n. 4079 del 9.2.2023) e affermando che la controversia ha effettivamente natura esclusivamente patrimoniale, non presenta connessione funzionale con l’ordinamento del servizio pubblico destinato alla soddisfazione di un interesse generale e, per conseguenza, non investe il titolo in base al quale l’erogatore del servizio opera, ma solo l’esecuzione della singola prestazione contrattuale.

Il secondo motivo riguarda la prescrizione e investe la sentenza impugnata là dove il giudice d’appello non ha accolto il motivo di appello di Ab. avverso la sentenza di primo grado in punto prescrizione della sua pretesa.

Per vero, nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale, con la conseguenza che, in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l’eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate (Sez. 5, n. 28530 del 30.9.2022; Sez. 1., 16.6.2022, n. 19442; Sez. 5, 5.11.2014, n. 23558;

Anche su questo punto, comunque si sono pronunciate le Sezioni Unite con l’ordinanza n. 29593 del 11.10.2022, affermando che in tema di servizio idrico integrato, il conguaglio per le partite pregresse implica l’applicazione di un costo “ora per allora”, di modo che, prima della determinazione delle voci di costo da recuperare, non si configura la possibilità di recupero e, quindi, la possibilità di esercitare il relativo diritto, a norma dell’art. 2935 c.c. in motivazione le Sezioni Unite hanno osservato: “in questo contesto, la nozione stessa di “recupero” dei costi, in cui si sostanzia il “conguaglio”, implica in sé l’applicazione di un costo ora per allora, ossia di un costo che, con il metodo tariffario normalizzato in precedenza vigente, non poteva essere integralmente recuperato; – il che comporta che, prima della determinazione delle voci di costo da recuperare, non si configura la possibilità di recupero e, quindi la possibilità di esercitare il relativo diritto, a norma dell’art. 2935 c.c.; – d’altronde, ammettere l’assoggettabilità a prescrizione dei conguagli per il periodo precedente a quello in cui sono stati determinati comporta, nei fatti, neutralizzarne l’incidenza e, quindi, escluderne la concreta possibilità di recupero; – la sentenza impugnata si rivela quindi erronea, in quanto ha fatto decorrere il termine di prescrizione dei costi oggetto di conguaglio prima che questi fossero determinati dalle autorità amministrative”.

Successivamente numerose ordinanze della 3 sezione hanno dato continuità al principio.

Il terzo motivo pone il problema dell’ammissibilità della richiesta di pagamento delle partite pregresse o conguagli regolatori, ritenuta dal Tribunale retroattiva e non consentita.

Al proposito si è pronunciata con numerose ordinanze la sezione 3 di questa Corte (Sez.3, n. 5492 del 22.2.2023; Sez. 3 , n. 5127 del 17.2.2023; ma anche n. 3065, 3449, 3019, 3453, 6453, 4457, 4456, 10204, 29772, 29726, tutte del 2023; e poi ancora nel 2024 n. 6744,6745 e 14347) con motivazioni conformi, costituenti orientamento prevalente (ma, come si dirà, non monolitico), basandosi su di una lettura dell’ordinanza n. 29593 del 11.10.2022 delle Sezioni Unite, non limitata alla questione di prescrizione, nel senso che essa avallerebbe altresì l’ammissibilità dei conguagli applicati retroattivamente ai consumatori sulla base del principio Europeo del recupero integrale dei costi. E tuttavia la predetta linea giurisprudenziale mitiga assai nella sostanza le conseguenze pratiche del principio accolto, poiché accolla al Gestore l’onere di dimostrare che i costi recuperati con i conguagli non erano ragionevolmente prevedibili al momento della formazione della tariffa sulla base della quale erano stati effettuati i consumi e fatturate le somministrazioni.

Questo il principio di diritto seguito dal predetto orientamento (per le cui conformi motivazioni pare sufficiente il rinvio alle specifiche decisioni): “In tema di servizi idrici integrati, il gestore può richiedere all’utente, a titolo di conguaglio, il recupero dei costi sostenuti “ora per allora” solo in relazione ai costi imprevisti ed imprevedibili al momento dell’erogazione e fatturazione, mentre deve escludersi la legittimità della pretesa di recuperare retroattivamente costi non correlati né correlabili con il servizio offerto e con le voci di costo ammissibili rispetto ad una gestione efficiente, dovendosi, in sostanza, escludere i conguagli destinati a scaricare sull’utenza errori di gestione o di previsione collegati alla generale rischiosità del servizio, atteso che, diversamente, il piano tariffario risulterebbe incoerente rispetto alla “ratio” che permea il quadro regolativo dei servizi economici di interesse generale, rappresentata dall’aderenza delle tariffe praticate ai costi effettivamente sostenuti dall’impresa, dalla pertinenza-corrispettività rispetto ai servizi resi, dalla misurabilità oggettiva, dalla congruità rispetto a valutazioni di mercato e di efficienza economica. In tema di servizi idrici integrati, nella controversia promossa per ottenere il conguaglio per le partite pregresse, grava sull’ente gestore del servizio idrico l’onere di provare l’imprevedibilità del costo di cui chiede retroattivamente il recupero agli utenti, nonché la sua pertinenza e corrispettività rispetto al servizio offerto, trattandosi di fatti costitutivi della pretesa.”

Come si è accennato supra, la predetta giurisprudenza prevalente non è del tutto incontrastata. Militano in senso opposto due ordinanze della Sezione 3 (la n. 26281 e n. 25960 del 9.6.2023), secondo le quali “2.1 Il motivo è infondato, posto che fa riferimento al rapporto fra gestore e autorità d’ambito, cui gli utenti sono estranei, e dunque risulta eccentrico rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, in cui, come già in quella di primo grado, si fa esclusivo riferimento al contratto di somministrazione del servizio idrico tra il gestore ed il singolo utente. Come ritenuto da questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità (Cass., 23-062021, n. 17959; Cass., 22-02-2023, n. 5492; Cass., 28-11-2019, n. 31063), non può essere ritenuta lecita l’imposizione di un conguaglio per partite pregresse, in quanto per la natura del contratto di somministrazione, avente carattere periodico, l’erogazione del servizio idrico comporta un prezzo che viene corrisposto all’atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse. Il corrispettivo che viene pagato secondo le scadenze d’uso è proporzionato e trova la sua giustificazione nell’utilizzo dell’acqua che viene erogata; invece la richiesta di conguagli per partite pregresse determina l’ammontare del corrispettivo in un momento successivo rispetto alla erogazione effettuata dalla AEEGSI, sulla base della sola titolarità di utenze attive alla entrata in vigore della nuova disciplina in materia tariffaria, per consumi già avvenuti, in assenza di accordo delle parti ed in carenza di potere impositivo, per cui viola gli artt. 1561,1560, e 1563 cod. civ. e, nella misura in cui ritenuto discendente da obblighi normativi, viola altresì l’art. 11 delle Preleggi.”.

Inoltre nello stesso senso, seppur con riferimento ad altro gestore, si è espressa la Sez. 3, con ordinanza n.17959 del 23.6.2021.

Con l’ordinanza interlocutoria il Collegio ha sollecitato le parti ad approfondire l’individuazione del fondamento normativo del potere dell’Autorità di regolazione di incidere retroattivamente sulla tariffa per il recupero dei costi pregressi in relazione ai consumi già effettuati dagli utenti.

Si è osservato che il principio Europeo del recupero integrale dei costi del servizio (full recovery cost) di cui all’art. 9 della direttiva n. 2000-60-CE e all’art. 154, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006, non sembra contenere una espressa e inequivocabile indicazione in tal senso, al pari della sentenza della Corte di Giustizia C-686-2015. Non è infatti così evidente che la previsione Europea e nazionale secondo cui la tariffa del servizio idrico integrato debba comportare il recupero integrale dei costi del servizio comporta che se la tariffa determinata e applicata in un certo momento storico non recuperava tutti i costi (neutralizzando i costi esistenti all’anno base: così spiega la ricorrente), sia possibile successivamente – e senza limiti di tempo, né di metodi tariffari, in particolare – chiedere agli utenti di pagare un supplemento di corrispettivo non previsto al momento in cui i consumi sono stati effettuati.

Certamente, è possibile che la tariffa precedente fosse caratterizzata da una riserva di conguaglio; nel ricorso si sostiene che la tariffa precedente per il servizio idrico integrato costituito dal Metodo Tariffario Normalizzato (MTN) in forza del D.M. 1.8.1996, fondato sul meccanismo del price cap, prevedeva il diritto al conguaglio in capo al gestore dei costi efficienti di gestione determinati con incrementi tariffari successivi, ma non si indica alcuna specifica disposizione che disponesse il carattere provvisorio inter partes della tariffa applicata.

Il decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 1.8.1996, recante il “Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato” non sembra contenere alcuna disposizione che preveda il carattere provvisorio della tariffa applicata e la riserva di progressivi conguagli. Indubbiamente i provvedimenti amministrativi invocati dalla ricorrente hanno previsto il meccanismo di recupero: non ne è però chiaro il fondamento normativo a monte.

Il provvedimento adottato da AEEGSI (oggi ARERA) con deliberazione del 27.12.2013 n. 643-2013-R-IDR nelle considerazioni introduttive ha ricordato ” il trattamento di eventuali partite pregresse, derivanti da conguagli maturati in periodi precedenti il trasferimento delle competenze all’Autorità, da evidenziare puntualmente come componente distinta dalla bolletta, al fine di favorire la massima trasparenza per l’utenza”; all’art.31 dell’allegato A ha poi previsto la regolazione degli eventuali conguagli relativi a periodi precedenti con la seguente disposizione “Gli eventuali conguagli relativi a periodi precedenti al trasferimento all’Autorità delle funzioni di regolazione e controllo del settore, e non già considerati ai fini del calcolo di precedenti determinazioni tariffarie, sono quantificati ed approvati, entro il 30 giugno 2014, dagli Enti d’Ambito o dagli altri soggetti competenti e comunicati all’Autorità”. A valle di ciò, il Commissario Straordinario dell’Ente di Ambito della Sardegna con delibera del 26.6.2014 n.18 ha approvato la quantificazione e il riconoscimento dei conguagli relativi alle partite pregresse.

Le parti sono state invitate a discutere in forza di quali disposizioni normative, primarie o secondarie, l’Autorità regolatrice nel 2013 e nel 2014 fosse legittimata a intervenire, non solo fissando una tariffa rispettosa del principio del recupero integrale dei costi, ma anche a incidere retroattivamente sui contratti con l’utenza, recuperando i costi non scaricati in tariffa secondo il precedente sistema tariffario price cap MTN, e abilitando così i gestori a chiedere un ulteriore corrispettivo in via retroattiva con riferimento ai consumi già effettuati nel vigore di una differente tariffa.

È stato anche sottolineato il fatto che la giurisprudenza prevalente sopra illustrata coglie un fondamento contrattuale specifico all’esercizio del potere di procedere all’applicazione di conguagli retroattivi in forza di una duplice relatio, ossia della espressa previsione del contratto disciplinante il rapporto tra Ab. e gli utenti, che a sua volta richiama il Regolamento per il Servizio Idrico Integrato, e al rimando compiuto da tale Regolamento al sistema tariffario determinato dall’Autorità d’Ambito, sicché il sistema risulta inserito di diritto nel contratto di fornitura (ex art. 1339 cod. civ.). Tuttavia ci si è interrogati – lasciando in questa sede per il momento in disparte ogni valutazione su specificità e autosufficienza del ricorso quanto ad adeguata sintesi e allegazione del contratto e del regolamento de quo – se anche tale complesso di richiami su base contrattuale possa essere insensibile alla mancanza del potere di incidere retroattivamente sulle tariffe applicate, eventualmente accertata in capo alla Autorità regolatrice.

Il Procuratore generale, sul punto ha osservato: “le questioni principali, e di portata generale, introdotte dal ricorso, sono state risolte dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, che hanno affermato la piena legittimità della richiesta della ricorrente, Ab. Spa, gestore del servizio idrico integrato per la regione Sardegna, intesa ad ottenere dagli utenti il pagamento delle cd. partite pregresse (o conguagli regolatori) ed escluso che il dies a quo di decorrenza della prescrizione del relativo diritto di credito potesse decorrere da un momento antecedente alla data della decisione della competente autorità amministrativa che ha legittimato Ab. Spa a fatturare gli importi per le partite pregresse a seguito della loro effettiva quantificazione (26 giugno 2014), decisione conseguente alla delibera di AEEGSI di approvazione del nuovo “Metodo tariffario idrico” che ha definito le componenti dei costi ammissibili, tra i quali i conguagli relativi a periodi precedenti al 2014. È quindi necessario applicare alla fattispecie in esame il principio del pieno recupero dei costi, connesso alla necessità di assicurare l’equilibrio economico finanziario della gestione del servizio, principio previsto dall’art. 9 della direttiva n. 2000-60-CE, in applicazione del quale la Corte di Giustizia UE ha stabilito che gli Stati membri sono tenuti ad adottare una politica generale di recupero dei costi connessi alla gestione del servizio idrico, sulla base della regola per cui chi inquina paga (causa C-686-15, Kl.Ze.). Ne consegue la piena legittimità di una normativa nazionale, integrata dall’art. 154, comma 1, del D.Lgs. n. 152-06 e dall’art. 10 del D.L. n. 70-11 convertito dalla legge n. 106-11, che preveda che il prezzo dei servizi idrici fatturato al consumatore comprenda, non soltanto una parte variabile parametrata al consumo, ma altresì una parte fissa correlata ai costi del servizio. La necessità del recupero postumo dei costi è dipesa dall’introduzione, da parte di AEEGSI, con la delibera n. 643 del 2013, di un sistema tariffario del tutto nuovo rispetto a quello previgente, che non consentiva il recupero integrale dei costi essendo condizionato dalla applicazione del price cap. Il nuovo metodo tariffario prevede le partite pregresse quale costo di cui è dovuto, da parte del gestore, il recupero “ora per allora”, il che “comporta che, prima della determinazione delle voci di costo da recuperare, non si configura la possibilità di recupero e, quindi, la possibilità di esercitare il relativo diritto, a norma dell’art. 2935 c.c.” (Cass., Sez. un., 11 ottobre 2022, n. 29593). Secondo il principio del full recovery cost, la tariffa applicata all’utenza deve coprire anche i costi generati dalla prestazione del servizio ed il gestore si limita, senza aver alcun margine di discrezionalità, ad applicare una tariffa determinata dall’autorità amministrativa anche sulla base delle partite pregresse. Il principio è esplicitato anche nel contratto standard concluso con il consumatore-utente ed è consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. di Stato, 14 giugno 2017, n. 2918). Da quanto esposto discende la fondatezza del ricorso in esame nei suoi motivi secondo e terzo.”

Il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per chiedere alla Prima Presidente di assegnare l’esame del presente ricorso alle Sezioni Unite.

Infatti, anche prescindendo dalla questione di giurisdizione, invero già scrutinata dal Supremo Consesso:

a) si pone l’esigenza di valutare e interpretare la portata della precedente pronuncia delle Sezioni Unite n.29593-2022;

b) esiste un contrasto attuale fra due orientamenti delle sezioni semplici, ancorché uno di essi appaia nettamente prevalente;

c) la soluzione prevalente desta una serie di perplessità irrisolte, in un senso e nell’altro, ut infra;

d) il contenzioso pone una questione di principio di grande rilievo, sia per il collegamento con il diritto dell’Unione, sia per l’ampiezza della platea interessata che coinvolge un grande numero di soggetti utenti, consumatori e non.

La decisione delle Sezioni Unite formalmente riguarda solo l’argomento della prescrizione e della sua decorrenza, a cui strettamente si riferisce.

Tuttavia, sia la giurisprudenza prevalente, sia il Procuratore generale vi leggono, certo non irragionevolmente, un quid pluris, poiché l’affermazione del dies a quo della prescrizione di un diritto implica logicamente il riconoscimento dell’astratta configurabilità del diritto stesso nell’ordinamento.

Non è però detto che il riconoscimento dell’astratta configurabilità del diritto nell’ordinamento, implicito nell’individuazione di un dies a quo della prescrizione, si estenda all’accertamento della sua portata e del suo ambito, tanto in senso soggettivo quanto in senso oggettivo. In altre parole, la decisione delle Sezioni Unite in tema di prescrizione potrebbe essere astrattamente compatibile anche con interpretazioni della disciplina che condizionino il diritto al recupero alla previsione della soggezione a conguaglio nel momento di stipulazione del contratto ovvero che lo delimitino dal punto di vista soggettivo, o temporale, o contenutistico. Tant’è vero che anche la stessa giurisprudenza prevalente sopra ricordata ha ritenuto che solo una particolare categoria di costi, e cioè quelli imprevedibili, possa esserne oggetto.

Non è poi così evidente che la norma Europea (art. 9 Dir. 2000-60) e quella nazionale che ha recepito il principio del recupero integrale dei costi (art. 154 D.Lgs. 152-2006) valgano anche a sancire la cogenza del recupero retroattivo nei confronti dell’utenza dopo che questa ha effettuato i consumi sulla base di una tariffa e di una normativa diversa, se nel momento contrattuale non è stata prevista ed esplicitata la previsione di un successivo conguaglio per recupero costi.

La sentenza 7.12.2016 in causa C-686-2015 della Corte di Giustizia UE non sembra arrecare elementi decisivi.

La sig.ra Kl.Ze. aveva contestato di dover pagare la parte fissa del prezzo dei servizi idrici, calcolata indipendentemente dal consumo effettivo di acqua. Il giudice croato remittente aveva ritenuto che il consumatore dovesse pagare soltanto per il proprio consumo di acqua in funzione di quanto viene letto sul suo contatore, corrispondente alla parte variabile della sua fattura e la normativa nazionale applicabile non sarebbe stata armonizzata con la direttiva 2000-60 per quanto riguarda la determinazione del prezzo e le modalità di pagamento dell’acqua.

La questioni pregiudiziali sottoposte alla CGUE erano: “1) Come venga calcolato, in base al diritto dell’Unione, il prezzo dell’acqua fornita che viene fatturato per ciascun appartamento di un immobile ad uso abitativo o per ciascuna casa singola. 2) Se i cittadini dell’Unione paghino le fatture relative ai loro consumi di acqua pagando unicamente per i consumi effettivamente rilevati sul contatore, oppure se essi paghino anche ulteriori componenti o voci tariffarie”. Non veniva pertanto affatto in considerazione un recupero retroattivo e semplicemente si discuteva della ammissibilità dell’introduzione di un costo fisso svincolato dal consumo.

La CGUE ha risposto: “La direttiva 2000-60-CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale preveda che il prezzo dei servizi idrici fatturato al consumatore comprenda non soltanto una parte variabile calcolata in funzione del volume di acqua effettivamente consumato dall’interessato, ma anche una parte fissa non correlata a tale volume.”

Nella discussione orale i difensori di Ab. hanno insistito sulla intrinseca necessità dei conguagli ex post e hanno sostenuto in particolare che anche la disciplina precedente al metodo tariffario idrico li presupponeva necessariamente.

La ricorrente inoltre precisa che il previgente sistema tariffario per il servizio idrico integrato – costituito dal c.d. “Metodo Tariffario Normalizzato” (MTN) di cui al D.M. 1.8.1996 – era fondato sul meccanismo del c.d. price cap, che limitava gli incrementi tariffari, indipendentemente dai costi effettivamente sostenuti, al fine di garantire la sostenibilità sociale dei prezzi praticati all’utenza. Il predetto impianto regolatorio prevedeva, in ogni caso, che l’Autorità d’Ambito determinasse a posteriori, con incrementi tariffari successivi, la mancata integrale copertura dei costi efficienti di gestione, introducendo pertanto il diritto al conguaglio in capo al Gestore.

Gli argomenti prospettati a sostegno della tesi di Ab. possono essere colti nella cogenza del principio Europeo del recupero integrale dei costi e sintetizzati come segue.

18.1. Nella sentenza della Corte di giustizia del 7.12.2016 causa C-686-2015, che pure si riferisce alla legittimità della previsione della componente fissa, diversa da quella variabile, potrebbe essere valorizzato il paragrafo 27 che “risulta in proposito dalle pertinenti disposizioni della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale che quest’ultima tiene conto del principio del recupero integrale dei costi connessi alla disponibilità e alla tutela dell’acqua, nonché alla costruzione, alla gestione e alla manutenzione dei sistemi di approvvigionamento idrico. Dette disposizioni prevedono, in particolare, che la parte fissa del prezzo dei servizi idrici sia intesa, in particolare, a coprire i costi afferenti alla manutenzione delle opere municipali di approvvigionamento idrico, nonché all’analisi e al mantenimento della salubrità dell’acqua potabile”. Sarebbe così possibile cogliere, quindi, un collegamento stretto con il 38 considerando della Direttiva per cui “può risultare opportuno che gli Stati membri ricorrano a strumenti economici nell’ambito di un programma di misure. Il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e delle risorse, in relazione ai danni o alle ripercussioni negative per l’ambiente acquatico, dovrebbe essere preso in considerazione, in particolare, in base al principio “chi inquina paga”. A tal fine, sarà necessaria un’analisi economica dei servizi idrici, basata sulle previsioni a lungo termine della domanda e dell’offerta nel distretto idrografico”.

Il fondamento del metodo tariffario idrico (MTI) potrebbe essere rinvenuto nei principi unionali e nelle direttive comunitarie per come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

18.2. Si potrebbe inoltre considerare il disposto dell’art. 10, comma 14, del D.L. 13.5.2011, n. 70, convertito nella legge 12.7.2011, n. 106, ove si prevede che l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua “predispone il metodo tariffario per la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefici dell’utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo finanziario della fornitura del servizio e dei relativi costi ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il principio del recupero dei costi ed il principio “chi inquina paga”, e con esclusione di ogni onere derivante dal funzionamento dell’agenzia; fissa, altresì, le relative modalità di revisione periodica, vigilando sull’applicazione delle tariffe”, che pure attua il principio “chi inquina paga”.

18.3. Si potrebbe aggiungere che qualcosa di simile è accaduto anche con riferimento alla determinazione delle tariffe relative allo smaltimento dei rifiuti, in cui si è passati dal metodo normalizzato di cui di cui al D.P.R. n. 158 del 1999, ancora oggi vigente, in quanto richiamato dall’articolo 265 del D.Lgs. n. 152 del 2006, al MTR ed al MTR-2, entrambi predisposti da Arera (lo si legge nella sentenza della Corte Cost., n. 11 del 2023, paragrafo 4.7.). Trattasi dei metodi nuovi MTR e MTR 2 che altro non sono che una “evoluzione” sofisticata ed attualizzata del metodo normalizzato, a sua volta espressione del principio “chi inquina paga”.

Il metodo tariffario idrico costituisce un’evoluzione del metodo normalizzato di cui al decreto 1.8.1996, che si innesta nella legge 5.1.1994, n. 36. Ed infatti, l’art. 13 della legge 5.1.1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) stabiliva al comma 3, fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006: “il Ministro dei lavori pubblici, d’intesa con il ministro dell’ambiente, su proposta del comitato di vigilanza di cui all’articolo 21, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale, nonché la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, elabora una metodo normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento. La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali, anche con riferimento a particolari situazioni idrogeologiche (dal 13 giugno 1999 “ed in funzione delle contenimento del consumo”).

Il metodo normalizzato è stato introdotto, proprio in attuazione della legge n. 36 del 1994, con il decreto 1.8.1996. L’articolo 3 del predetto D.M. individua i “costi operativi”, tra i quali inserisce:

“costi per materie di consumo e merci”; “costi per godimento di beni di terzi”, “costo del personale”, “variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci”, “accantonamento per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi fiscali”, “altri accantonamenti”, “oneri diversi di gestione”. Si chiarisce poi che “in quest’ultima voce deve essere iscritto ogni costo della produzione non ricompreso in quelli specificatamente previsti dall’elencazione di cui sopra e ogni altro componente negativo del reddito che non abbia natura finanziaria, straordinaria o fiscale”.

18.4. In tal modo la copertura normativa potrebbe essere colta nel principio comunitario “chi inquina paga”, proveniente dalla direttiva del consiglio del 15 luglio 1975 (75-442-CEE), poi modificata dalla direttiva 91-156-CEE. Se il Metodo Tariffario Idrico (MTI) è una sorta di evoluzione più moderna e soprattutto conforme al diritto dell’Unione del Metodo Normalizzato (MN) e del MTT (Metodo Tariffario Transitorio per gli anni 2012 e 2013), allora il riferimento normativo potrebbe rinvenirsi nel principio comunitario “chi inquina paga”, costituente fondamento dell’art. 31 dell’Allegato A del MTI, ove si prevede (Quantificazione e riconoscimento delle partite pregresse) che “Gli eventuali conguagli relativi a periodi precedenti al trasferimento all’Autorità delle funzioni di regolazione e controllo del settore, e non già considerati ai fini del calcolo di precedenti determinazioni tariffarie, sono quantificati ed approvati, entro il 30 giugno 2014, dagli Enti d’Ambito o dagli altri soggetti competenti e comunicati all’autorità”.

In senso contrario – e quindi a favore delle tesi degli utenti – si potrebbe porre in rilievo la frattura di continuità fra i sistemi normativi succedutisi nel tempo, poiché il sistema di recupero dei costi, previsto e disciplinato con il Metodo Tariffario Integrato (MTI), è cosa ben diversa dall’addebito all’utenza di costi del gestore relativi a “partite pregresse” ante 2012, riferite alla vigenza del Metodo Tariffario Normalizzato (MTN), che si presenta come un credito diverso e ulteriore rispetto alla disciplina ordinaria della tariffa in vigore e pertanto dovrebbe fondarsi su di una espressa e inequivoca previsione normativa.

Non si tratterebbe quindi, dei costi previsti e recuperabili, secondo le disposizioni proprie del nuovo sistema tariffario, ma di un recupero straordinario di “partite pregresse”, riferite a costi che il gestore non ha coperto durante il regime tariffario precedente al 2012, e di cui invece l’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) ha consentito il recupero, definendo i criteri di distribuzione sugli utenti nella stessa deliberazione (n. 643-2013-R-IDR del 27-12-2013) che ha approvato il Metodo Tariffario Integrato (MTI).

Le “partite pregresse”, riferite a costi sopportati nel precedente regime tariffario (MTN), non potrebbero quindi essere recuperate, quali ulteriori costi, in aggiunta a quelli ordinariamente determinati secondo il MTI, in assenza di una espressa previsione di legge.

19.1. Gli artt. 13, 14, 15 della L. n. 36 del 1994 (cosiddetta legge Galli) hanno disciplinato nel nostro ordinamento il cosiddetto servizio idrico integrato (SII), costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua per usi civici, di fognatura e depurazione delle acque reflue. La disciplina, frutto di impulso Eurounitario, era finalizzata a salvaguardare il patrimonio idrico e, nel contempo, a realizzare più efficaci ed efficienti sistemi di gestione del servizio e individuava la tariffa come sistema di copertura dei costi di gestione del servizio. La complessiva attuazione della riforma Galli implicava una profonda ridefinizione organizzativa, tra cui in particolare la razionalizzazione dell’elevato numero di gestioni territoriali in precedenza esistenti, nel tentativo di conseguire più adeguate dimensioni gestionali sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e politico-amministrativi, il tutto con la finalità di ottenere maggiori efficienza e trasparenza di costi. La legge Galli individuava gli ambiti territoriali ottimali o ATO, come aree di dimensione territoriale allargata volte a meglio realizzare gli obbiettivi di efficientamento del servizio, demandandone il disegno a Regioni e Province Autonome. Successivamente l’art. 1, comma 186-bis L. n. 191 del 2009 ha soppresso le ATO.

L’art. 9 della direttiva 2000-60-CE ha previsto che, entro il 2010, tutti gli Stati membri si organizzassero per garantire il recupero integrale dei costi del servizio idrico, secondo il rispetto del principio “chi inquina paga” e dell’internalizzazione dei costi ambientali a carico degli inquinatori-utenti e politiche dei prezzi dell’acqua che incentivassero i consumatori all’uso efficiente della risorsa e selezione dei costi recuperabili sulla base di modelli di analisi economica del servizio e della sua ottimale gestione.

Per quanto concerne le tariffe del servizio idrico a livello nazionale, già gli artt. 13 e 14 della legge Galli avevano disegnato il cosiddetto “metodo normalizzato” che doveva realizzare la remunerazione in tariffa, garantendo l’orientamento ai costi oltre a una remunerazione del capitale investito (quest’ultima componente delle tariffe è poi caduta per l’esito referendario nel 2011). Al sistema di calcolo delle tariffe è stata data attuazione con il D.M. 1.8.1996.

La disciplina prevista dalla legge Galli è transitata nel cosiddetto codice dell’ambiente, D.Lgs. n. 152-2006 e nell’art. 154 D.Lgs. cit., oggetto della menzionata parziale abrogazione referendaria.

Sempre per quanto riguardava le tariffe, già l’art. 5 D.P.R. n. 373 del 1994 devolveva al CIPE le funzioni del soppresso CIP, tra cui, appunto, la definizione delle tariffe dei servizi pubblici di cui all’art. 12 della L. n. 498 del 1992, il tutto secondo modelli e criteri definiti dalla normazione secondaria. In materia si sono susseguiti vari interventi normativi: l’art. 2 del D.L. n. 79 del 1995, convertito in L. n. 172 del 1995 e l’art. 31 della L. n. 448 del 1998. Il CIPE ha provveduto regolarmente alla determinazione delle tariffe per gli anni dal 1995 al 2002. Dopo il 2002, il CIPE ha smesso temporaneamente di provvedere e, in seguito alla sentenza TAR Lazio n. 2815-2008, con la delibera n. 117 del 18.12.2008, in ottemperanza alla citata decisione, ha ripreso gli aggiornamenti tariffari e sbloccato gli aumenti, anche tenendo conto del periodo trascorso, demandando ai gestori di seguire una complessa procedura, che muoveva dall’assunto di tutelare solo le gestioni efficienti, e consentiva ai gestori di dimostrare i costi efficienti sostenuti e conseguentemente ottenere l’autorizzazione all’applicazione delle nuove tariffe. Con l’entrata in vigore del D.L. n. 135 del 2009 (conv. con modif. in L. n. 166 del 2009), a partire dal 2010, è cessata la competenza “transitoria” del CIPE rispetto alla determinazione e all’aggiornamento tariffario, a quel punto intestata all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEGSI), ai sensi dell’art. 21, comma 19, D.L. n. 201 del 2011 (conv. con modif. in L. n. 214 del 2011), con la precisazione che tali funzioni dovessero essere esercitate con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità dalla L. n. 481 del 1995, recante norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità, che ha istituito le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

In effetti, l’art. 10, comma 14, lett. d), D.L. n. 70 del 2011 (conv. con modif. in L. n. 106 del 2011) aveva inizialmente demandato all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua di predisporre il metodo tariffario, ma a tale Agenzia, è subentrata, prima ancora della sua entrata in funzione, proprio l’AEEGSI (in virtù del menzionato art. 21, comma 19, D.L. n. 201 del 2011), che, poi, ha provveduto ad approvare, con la deliberazione n. 585-2012-R-IDR del 28 dicembre 2012, il Metodo Tariffario Temporaneo (MTT) per il periodo transitorio 2012-2013, poi seguito dal Metodo Tariffario Integrato, approvato con la deliberazione n. 643-2013-R-IDR del 27-12-2013 e applicato a partire dal 2014.

Le tariffe sono oggi regolarmente determinate dall’ARERA.

19.2. Proprio nelle premesse alla deliberazione dell’AEEGSI n. 643-2013-R-IDR del 27-12-2013, si legge il riferimento alle “partite pregresse”, poiché l’Autorità ha ritenuto che, nell’ambito delle misure necessarie a portare a compimento il quadro regolatorio in via di definizione fosse necessario disciplinare, tra le molteplici altre situazioni, “il trattamento di eventuali partite pregresse, derivanti da conguagli maturati in periodi precedenti il trasferimento delle competenze all’Autorità, da evidenziare puntualmente come componente distinta dalla bolletta, al fine di favorire la massima trasparenza per l’utenza”.

Tuttavia l’articolato della deliberazione recante l’approvazione del nuovo sistema tariffario non contiene una disciplina delle “partite pregresse”, sia pure regolando espressamente la materia dei conguagli agli artt. 2, 6 e 9.

In particolare, al comma 1 dell’art. 2 della deliberazione vi è la definizione dei componenti di costo, che comprende espressamente, anche i conguagli, essendo previsto quanto segue: “Ai fini dell’aggiornamento tariffario, sono definite le seguenti componenti di costo del servizio: a) costi delle immobilizzazioni, intesi come la somma degli oneri finanziari, degli oneri fiscali e delle quote di ammortamento a restituzione dell’investimento; b) costi operativi, intesi come la somma dei costi operativi endogeni alla gestione, dei costi afferenti l’energia elettrica, le forniture all’ingrosso, gli oneri relativi a mutui e canoni riconosciuti agli enti locali e delle altre componenti di costo; c) eventuale componente di anticipazione per il finanziamento dei nuovi investimenti; d) componente relativa ai costi ambientali e della risorsa; e) componente relativa ai conguagli”.

Nel successivo comma 2 del medesimo articolo è, poi, precisato che “La determinazione delle componenti di costo di cui al precedente comma e l’aggiornamento delle tariffe applicate sono effettuati in conformità all’Allegato A alla presente deliberazione, di cui forma parte integrante e sostanziale”.

Gli articoli 6 e 9 della stessa deliberazione prevedono dei conguagli, ma riguardano la gestione della tariffa nel primo periodo di applicazione e in quello di transizione (rispettivamente, l’anno 2014 e gli anni 2012-2013).

Nell’allegato A alla menzionata deliberazione, contenente la disciplina del Metodo Tariffario Idrico, sono spiegate le componenti di conguaglio.

In particolare, al comma 1 dell’art. 29 dell’allegato A è stabilito, come regola, che, a partire dal 2014 viene determinata la componente di conguaglio riferita all’anno precedente (a – 2), da inserire nella formula per determinare il VGR (vincolo ai ricavi del gestore).

È, poi, precisato, al successivo comma 2, che “I conguagli determinati da Enti d’Ambito e altri soggetti competenti relativi a periodi precedenti l’entrata in vigore del MTT, e non inseriti nel calcolo del VRG per gli anni 2012 e 2013, devono essere espressi in unità di consumo ed evidenziati in bolletta separatamente dalle tariffe in approvate per l’anno in corso utilizzando le regole indicate all’Articolo 31 e successivi.”

L’art. 31 del menzionato allegato A, nel regolare la quantificazione e il riconoscimento delle partite pregresse, ha previsto che “31.1 Gli eventuali conguagli relativi a periodi precedenti al trasferimento all’Autorità delle funzioni di regolazione e controllo del settore, e non già considerati ai fini del calcolo di precedenti determinazioni tariffarie, sono quantificati ed approvati, entro il 30 giugno 2014, dagli Enti d’Ambito o dagli altri soggetti competenti e comunicati all’Autorità. 31.2 Al fine di favorire la massima trasparenza per gli utenti, la riscossione dei conguagli di cui al precedente comma 31.1 deve attenersi alle seguenti regole: a) i conguagli devono essere espressi in unità di consumo, ovvero il conguaglio totale deve essere diviso per i metri cubi erogati nell’anno (a -2), ed il risultato così ottenuto deve essere applicato in funzione del consumo degli utenti nel medesimo anno; b) i conguagli devono essere evidenziati in bolletta separatamente dalle tariffe approvate per l’anno in corso; c) è fatto obbligo di esplicitare il periodo di riferimento dei conguagli.”

L’art. 32 dell’allegato A alla deliberazione, infine, ha stabilito, al fine di garantire l’obiettivo della sostenibilità sociale, modalità minime di rateizzazione nella riscossione degli eventuali conguagli.

Il Commissario straordinario per la regolazione del Servizio Idrico Integrato della Sardegna, in applicazione dell’art. 31 dell’allegato A, sopra riportato, con deliberazione n. 18 del 26-06-2014, ha approvato la quantificazione e il riconoscimento dei conguagli relativi alle “partite pregresse” precedenti al 2012 in Euro 106.713.665,37.

Al proposito si tratta della differenza tra l’importo che il gestore avrebbe dovuto fatturare per ottenere la copertura dei costi totali e quello effettivamente fatturabile per effetto dei vincoli all’incremento massimo delle tariffe imposti dal Metodo Tariffario Normalizzato, cui è stato aggiunto, tra l’altro, l’importo di 3,225 M Euro, derivante dai rimborsi agli utenti imposti dalla sentenza del Consiglio di Stato 431-08 e le sopravvenienze passive di bilancio 2010-2011-2012 del gestore (il bilancio 2013 non era stato ancora approvato), con le maggiorazioni dovute per l’attualizzazione degli importi.

19.3. Alla stregua di quanto esposto, si potrebbe concludere che per quanto riguarda il Metodo Tariffario Integrato i conguagli che entrano a far parte dei costi che contribuiscono a determinare la tariffa siano i conguagli che, secondo la tariffa, a partire dal 2014, vengono effettuati di anno in anno (art. 2 della deliberazione AEEGSI sopra illustrata e art. 29, comma 1, dell’allegato A alla menzionata deliberazione).

I conguagli riferiti alle “partite pregresse” seguono una regolamentazione tutta a parte, rispetto alla determinazione tariffaria secondo il Metodo Tariffario Integrato, trattandosi piuttosto di una straordinaria determinazione degli importi, riferito a costi sostenuto dal gestore prima che intervenisse AEEGSI, e in precedenza non considerati in ragione del diverso metodo tariffario vigente, riconosciuti dal Commissario straordinario e posti a carico degli utenti (ora per allora) in base a criteri del tutto separati e distinti rispetto a quelli che hanno regolato la determinazione tariffaria secondo il Metodo Tariffario Integrato.

Tale operazione effettuata dall’Amministrazione non troverebbe quindi espresso supporto nelle norme che disciplinano la formazione delle tariffe, e non l’eccezionale addebito di ulteriori importi, riferiti a costi del gestore sostenuti in passato, che avrebbero certamente potuto essere straordinariamente posti a carico dell’utenza in presenza di una norma che lo consentisse.

Inoltre la Corte costituzionale, con la sentenza n. 246-2009, ha sancito chiaramente che la determinazione delle tariffe del servizio idrico appartiene alla competenza esclusiva legislativa statale, ed in particolare alla disciplina della concorrenza e della tutela ambientale, e, come tale, non risulta derogabile neppure dal legislatore regionale, e tanto meno essa potrebbe quindi esserlo in sede amministrativa.

In questa prospettiva potrebbe sostenersi infine che il gestore avrebbe potuto o contestare le tariffe, del CIPE prima, poi dell’AEEGSI e infine di ARERA, ove fosse stato in grado di dimostrarne l’inadeguatezza pur a fronte di una gestione conforme a legge, ovvero adeguare la propria struttura ai necessari parametri di efficienza o, da ultimo, avvalersi dalla possibilità di risoluzione dalla convenzione in essere, ove prevista, qualora strutturalmente non in grado di raggiungere l’efficienza e i parametri del servizio previsti per legge, ma non ottenere un ricarico dei costi non previsti dal sistema tariffario in vigore al momento in cui sono stati sostenuti.

Vi è poi da chiedersi se e in qual misura possa assumere rilievo il contenuto dei singoli contratti di somministrazione, che eventualmente contengano una clausola che legittimi il recupero postumo.

Secondo la giurisprudenza prevalente della 3 sezione i contratti contenevano questa clausola, laddove si afferma che:

a) vi era una espressa previsione del contratto disciplinante il rapporto tra Ab. e gli utenti, che richiamava il Regolamento per il Servizio Idrico Integrato;

b) che il Regolamento rimandava al sistema tariffario determinato dall’Autorità d’Ambito,

c) che quindi il sistema risultava inserito di diritto nel contratto di fornitura (ex art. 1339 cod. civ.).

In tal modo tuttavia la clausola legittimante viene vista nel solo rinvio generale alla disciplina Europea del full recovery cost. Una cosa è che il diritto UE prescriva tariffe che recuperino integralmente i costi, altro è che impongano di recuperarli retroattivamente se sono stati stipulati contratti che non li ricoprivano.

Sembra così di poter cogliere un corto circuito logico o petizione di principio: se il principio Europeo e nazionale di recupero integrale dei costi da solo non basta, se non vi è clausola contrattuale di riserva di conguaglio, sembra difficile dire che tale clausola sussiste sol perché il contratto, attraverso i richiami, fa riferimento proprio a quel principio, senza mai che si dica all’utente che la tariffa è soggetta a conguaglio successivo.

Resta in secondo piano – ma non sullo sfondo – rispetto a questo tema la verifica della specificità e autosufficienza del ricorso sul punto, non risultando trascritti e allegati né il contratto di somministrazione, né il predetto regolamento, che è pur sempre un atto amministrativo e non una fonte normativa.

Una breve riflessione si impone per verificare se la stessa soluzione valga tanto per i consumatori quanto per i professionisti.

La tutela speciale protettiva dei consumatori (Dir.1993-13 e Codice del Consumo) in tema di clausole abusive, che pure protegge il consumatore da disposizioni modificative del corrispettivo, presuppone che la clausola esista; sicché, se non esiste clausola che consenta modificazione postuma del corrispettivo, questo non può essere modificato neppure in danno del professionista.

Quanto all’art. 1339 c.c. in tema di inserzione automatica di clausole, secondo il quale “Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti”, occorre accertare l’esistenza della norma di legge che consenta l’inserimento successivo alla stipulazione e all’esecuzione del contratto.

Se si dovesse pervenire all’esito dello scrutinio dei temi precedentemente esposti, all’affermazione della legittimità dei conguagli regolatori volti a recuperare retroattivamente i costi, senza limiti temporali, o di disciplina tariffaria, o soggettivi, vi è infine da chiedersi, come fa Ab., se sia corretta la soluzione seguita dalla giurisprudenza prevalente.

22.1. Secondo tale orientamento il gestore può richiedere all’utente, a titolo di conguaglio, il recupero dei costi sostenuti “ora per allora” ma solo in relazione ai costi imprevisti ed imprevedibili al momento dell’erogazione e fatturazione, mentre deve escludersi la legittimità della pretesa di recuperare retroattivamente costi non correlati né correlabili con il servizio offerto e con le voci di costo ammissibili rispetto ad una gestione efficiente.

I costi ammessi a recupero sono stati infatti verificati dall’Autorità di settore, fra l’altro scrutinando e comprimendo significativamente quelli esposti dal gestore, con l’emanazione di un provvedimento amministrativo presuntivamente legittimo.

22.2. Al riguardo potrebbe dubitarsi, come fa la ricorrente, del fondamento della soluzione accolta dalla giurisprudenza prevalente per osservare che il riparto dei costi “imprevisti ed imprevedibili” in capo ad Ab. contrasta con la presunzione di legittimità degli atti amministrativi che risponde a canoni costituzionali di certezza del diritto, stabilità dei rapporti ed effettività del potere siccome funzionalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico; aggiunge Ab. che gli utenti non sono legittimati a contestare in questa sede le risultanze procedimentali di cui alla Delibera n. 643-2013 e che i gestori del servizio idrico sono soltanto obbligati a recuperare i conguagli che le Autorità amministrative (Autorità d’Ambito) impongono con atti amministrativi deliberati all’esito di istruttorie direttamente disciplinate dalla legislazione tecnica di riferimento.

In altri termini, il gestore del servizio idrico integrato non decide il criterio di calcolo (stabilito dall’ARERA) e non quantifica i conguagli regolatori (individuati dal Commissario Straordinario, ora EGAS in Sardegna) che discendono dal cambio di metodo tariffario; la quantificazione dei conguagli regolatori è stata direttamente operata da parte dell’Autorità di settore, che ha utilizzato e considerato solo i costi conguagliabili in quanto rispondenti ai requisiti di legge, non certamente imputabili a mala gestio del Gestore che, peraltro, aveva avanzato delle pretese ben superiori nell’ambito del relativo procedimento.

È pur vero che il potere di disapplicazione del giudice ordinario è stato riconosciuto, sin dai primi anni che hanno seguito l’Unità d’Italia, nei confronti dei regolamenti non conformi alla legge e degli atti amministrativi illegittimi (legge 20.3.1865, n. 2248 del 1865, allegato E, c.d. legge abolitiva del contenzioso amministrativo – l.a.c.).

Il giudice ordinario può solo disapplicare l’atto, e non annullarlo, in ragione del principio della separazione dei poteri, in forza del quale il potere di eliminazione o di riforma del provvedimento spetta solo all’Amministrazione, tenuta, però, a conformarsi ai giudicati dei tribunali.

Questo quadro generale è tutt’oggi vigente nelle sue coordinate fondamentali, anche se si sono aggiunte, nel corso del tempo, numerose ipotesi di giurisdizione esclusiva in favore del giudice amministrativo o di quello ordinario, che hanno reso ancora più articolate le regole di riparto della giurisdizione.

Com’è noto, l’art. 4 l.a.c. stabilisce che, quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, i tribunali si limitano a conoscere degli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, precisando che tale atto non può essere revocato o modificato dal giudice, perché tale potere spetta solo all’autorità amministrativa che deve conformarsi al giudicato. Il successivo art. 5 aggiunge, poi, che, in tale, come in ogni altra circostanza, le autorità in quanto siano conformi alle leggi.

L’art. 5 cit. completa la disciplina dei casi di disapplicazione diretta, – precisando non ciò che è vietato, come nell’articolo precedente, ma ciò che è consentito al giudice – e regolamenta anche le ipotesi di disapplicazione indiretta. In tali casi, la controversia non ha ad oggetto principale l’atto da disapplicare, anche se l’accertamento della legittimità dello stesso costituisce una questione rilevante per la decisione e deve, pertanto, essere esaminata, sia pure in via incidentale (cfr. Sez. 2, n. 29427 del 24.10.2023; Sez. 1, n. 14048 del 21.5.2021; Sez. 2, n. 6895 del 11.3.2021). Detto accertamento, ovviamente, influisce solo sull’esito del giudizio in cui tale accertamento è compiuto.

Ovviamente, la disapplicazione può avere ad oggetto anche un atto generale o un regolamento, quando la materia del contendere, per essere decisa, impone la non applicazione di quell’atto generale o di quel regolamento, in quanto viziati.

Secondo costante giurisprudenza il potere di disapplicazione ex art. 5 della legge n. 2248 del 1865, all. E, è esercitabile unicamente nei giudizi tra privati. Ancora recentemente si è ribadito che il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo da parte del giudice ordinario può essere esercitato unicamente nei giudizi tra privati e nei soli casi in cui l’atto illegittimo venga in rilievo come mero antecedente logico, e non già come fondamento del diritto dedotto in giudizio (Sez. U, n. 9543 del 12.4.2021; Sez. U, n. 28053 del 2.11.2018).

Ora nella specie, se pur si deve riconoscere che il potere di disapplicazione compete al giudice ordinario, poiché il provvedimento, in ipotesi illegittimo, non è stato emesso dal soggetto contro il quale verte la controversia, non è men vero che non viene individuata in modo preciso la norma di legge violata.

Sembra anzi che con la disapplicazione, anziché far valere in via incidentale uno dei tre classici casi di illegittimità dell’atto amministrativo (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), si contesti nella sostanza il merito del suo esercizio e il cattivo uso della discrezionalità valutativa che compete all’Autorità regolatrice in tema di ammissione a recupero dei costi.

Questa Corte ha chiarito che fine della disapplicazione, in via incidentale, dell’atto amministrativo, il giudice ordinario può sindacare tutti i possibili vizi di legittimità del provvedimento – incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere – con la sola esclusione dei vizi di merito (Sez. 1, n. 11103 del 11.6.2004).

Per queste ragioni il Collegio ritiene necessario disporre la trasmissione degli atti alla Prima Presidente della Corte per la valutazione dell’assegnazione dell’esame del ricorso alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte

dispone la trasmissione degli atti alla Prima Presidente per la valutazione dell’assegnazione dell’esame del ricorso alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2024 nella camera di consiglio della prima sezione civile

Depositato in Cancelleria l’1 luglio 2024

Views: 17

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.