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Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di CASERTA, Sez. 2, 29/03/2024, n. 1233

L’art. 5 della D.L.vo 504/92, istitutiva dell’ICI, come applicabile all’imposta IMU sulla scorta del richiamo normativo sopra evidenziato, testualmente al comma 5° prevede, ai fini dell’imposta di che trattasi, come “per le aree fabbricabili, il valore costituito da quello venale in comune commercio al primo gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”.

La norma appare di una logica stringente laddove dalla stessa è dato desumere, in modo non equivoco, che ai fini dell’imposta IMU che qui ne occupa dovrà tenersi conto di tutti gli elementi suddetti per determinare il valore dell’area. La disposizione è ulteriormente rafforzata dall’art. 59, comma 1, lett. g) del D.L.vo 446/97 (pure applicabile all’IMU per il richiamo di cui al comma 6 dell’art. 13 del D.L. 201/11) il quale espressamente prevede che, ai fini IMU, i Comuni nell’esercitare la loro potestà regolamentare nella subiecta materia debbano “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili al fine della limitazione del potere di accertamento del Comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l’insorgenza di contenzioso”.

Ovviamente tali elementi debbono estrinsecarsi in un atto determinativo della P.A. la quale, attraverso provvedimenti a valenza esterna (delibere, determine, ecc.), tenuto conto di quanto previsto dalla norma, fissi il valore delle aree edificabili secondo la diversa ubicazione e diverse caratteristiche. Ulteriore corollario, di pregnante rilevanza, è la puntualizzazione della citata norma che “il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione”. Ne discende che il valore dei suoli non è assoluto e permanente nel tempo ma deve essere di anno in anno rideterminato a ragione di tutte le possibili variabili legate al decorso di questo.

In relazione al valore dei suoli edificatori ai fini IMU va detto come nel tempo la giurisprudenza di legittimità, ancorchè con riferimento all’ICI, è pervenuta a due diverse posizioni che possono essere così sintetizzate:

a) ai fini del valore ICI era sufficiente il semplice inserimento del terreno nel PRG generale dell’Ente locale come aree edificabili perché questo fosse tassato come tale (Cass. 16751/2004);

b) essere insufficiente ai fini del valore ICI la circostanza dell’inserimento del terreno nel PRG generale per tassarlo come area fabbricabile, se di fatto tale terreno rimaneva soggetto a vincolo di inedificabilità per essere questa subordinata all’emanazione di un piano attuativo (Cass. 21644/2004).

I Piani urbanistici attuativi (PUA), nella sostanza costituiscono un approfondimento tecnico delle previsioni del PRG (piano regolatore), oggi Puc (Piano urbanistico comunale). Contengono molte più informazioni del Puc, poiché sono disegnati in scala 1: 1000 fino a 1:200. Il PUA, in pratica, è il tramite tra il Piano urbanistico e il progetto edilizio. I principali strumenti attuativi sono: piani particolareggiati, piani di lottizzazione Peep, Pip (Piani di insediamento produttivi), piani di recupero di iniziativa pubblica e privata. Si tratta di elaborati che precisano gli interventi sul territorio e ne organizzano l’attuazione, traducendo dettagliatamente le previsioni e le precisazioni dettate per grandi linee nel Puc. Sono regolamentati dagli art.26 e 27 della legge regione Campania n.16 del 22 dicembre 2004 (Norme sul governo del territorio).

A dirimere le diverse posizioni è intervenuta la S.C. a Sezioni Unite con la sentenza n. 25506 del 28.9.2006 (successive conformi n. 16714/2007 e n. 20137/2012) alla quale si rinvia in estenso, che ha così composto il contrasto:

a) essere edificabili ai fini tributari tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico a prescindere dall’approvazione dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia;

b) “l’aspettativa di edificabilità di un suolo non comporta ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l’assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli” (…)” in definitiva la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi non inedificabili, non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore. Con la perdita dell’inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla valutabilità in concreto dello stesso. È evidente che, in sede di valutazione, la minore o maggiore attualità e potenzialità della edificabilità dovrà essere considerata ai fini di una corretta valutazione del valore venale delle stesse, ai sensi dell’art. 5, comma 5°, del D.L.gs n. 504/92”;

c) “L’intervenuta approvazione degli strumenti attuativi potranno, però, incidere sulla concreta valutazione dell’area edificabile”. … “anche perché i tempi ancora necessari per il perfezionamento delle procedure, con tutte le incertezze riferite anche a quelli che potranno essere i futuri contenuti prescrittivi, entrano in gioco elementi di valutazione in ribasso”;

d) “… se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto. Con la possibilità del tutto naturale, che si verifichino oscillazioni di valore connesse all’andamento del mercato e/o allo stato di attuazione delle procedure che determinano il perfezionamento dello ius edificandi”.

Dunque per le Sezioni Unite, un’imposta periodica come l’ICI, ora IMU, che ha come presupposto di imposta il possesso di un immobile in un determinato anno, il prelievo fiscale di un terreno edificabile che non ha ancora ultimato tutta la procedura di approvazione per diventare effettivamente tale, non può essere paragonato ad un terreno edificabile già perfetto (che ha ultimato tutto l’iter procedimentale di approvazione).

Sulla scorta della succitata giurisprudenza del giudice di legittimità non può non rilevarsi come tale delibera, nel suo contenuto determinativo del valore dei suoli, potrebbe non essere più aderente alle condizioni oggettive di questi ultimi. Dagli atti impugnati non si ricava per un verso una qualche ulteriore deliberazione confermativa o modificativi del valore dei suoli con riferimento anno impositivo 2019, e per altro verso non emerge che questi abbiano tenuto conto di tutti i principi suesposti come riferiti ed affermati da Cass. Sezioni Unite con la sentenza n. 25506 del 28.9.2006.

Gli atti impugnati violano palesemente il disposto dell’art. 5 del D.Lvo 504/92, che espressamente prevede come “il valore è costituito da quello venale in comune commercio al primo gennaio dell’anno di imposizione”, ed il disposto dell’art. 59, comma 1, lett. g) del D.L.vo 446/97 che prevede come il Comune debba “determinare periodicamente” il valore delle aree edificabili.

Di tutto ciò nulla si rileva e viene evidenziato.

In punto di logica quel suolo, a distanza anche di decenni, potrebbe restare nello status quo di inedificazione pur permanendo la sua attuale destinazione e così determinare una tassazione costante nel tempo in difetto di qualsivoglia valutazione da parte dell’Ente che verifichi periodicamente se il suo valore sia mutato meno. Sempre in punto di logica è evidente che se per decenni un suolo dichiarato edificatorio non vede realizzata, in concreto, la sua destinazione il suo valore è innegabilmente destinato a modificarsi tranne a ritenere che ciò sia causato da una espressa volontà dei proprietari di non edificare. Non sempre la volontà di edificare un’area classificata F1 nello strumento urbanistico dipende dall’esclusiva volontà del proprietario di questa.

Difatti le aree a destinazione F1 hanno genericamente superfici notevoli.

Nello specifico l’art. 45 del PUC del Comune di San Felice a Cancello prevede che per gli insediamenti in F1 occorra una superficie non inferiore a 30.000 metri quadrati. I ricorrenti, come dagli atti, sono proprietari semplicemente di metri quadrati 2811 per cui da sé stessi non possono procedere ad un PUA dovendo raggiungere accordi con altri proprietari. Difatti i PUA possono essere tanto di iniziativa privata quanto di iniziativa pubblica. La Regione Campania ai sensi dell’art. 27 della sua Legge n. 16/2004 prevede che i Comuni provvedono a dare attuazione ai PUC attraverso i PUA i quali ultimi sono redatti in ordine prioritario dal Comune o dai proprietari con oneri a loro carico.

L’art. 27 di detta Legge prevede come il PUA di iniziativa privata deve essere formulato al Comune dal 51% del complessivo valore imponibile dell’area interessata dagli interventi accertato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili. Se ne ha che, come già detto, il proprietario di una modesta superficie classificata F1 non è in grado di per sé di proporre al Comune un PUA così restando permanentemente vincolato a quella destinazione urbanistica del proprio suolo senza poter avvantaggiarsi di questa, fermo restando che il PUA dev’essere, comunque, approvato dal Comune.

Resta, così, compito dell’Ente verificare periodicamente l’effettiva realizzazione dei PUA nelle zone classificate F1 modificando eventualmente il valore del suolo per il caso di inerzia pubblica e privata o, comunque, motivando del perché mantenere gli stessi valori determinati con una risalente deliberazione.


Sentenza_Z55_1233_2024

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