Consiglio di Stato, sez. 6, 16.02.2024, n. 01561/2024 REG. PROV. COLL.
Pubblicato il 16/02/2024
N. 01561/2024REG.PROV.COLL.
N. 09922/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9922 del 2021, proposto da
Enegan S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sandro Guerra e Carlo Edoardo Cazzato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – A.G.C.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
CODACONS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Rienzi in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 9903/2021.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Codacons e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il Cons. Giovanni Gallone e uditi per le parti gli avvocati Carlo Edoardo Cazzato, l’avv. dello Stato Verdiana Fedeli e Mariacristina Tabano in sostituzione dell’avv. Carlo Rienzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Enegan S.p.A. è società operante dal 2010 nel settore della fornitura dell’energia elettrica e del gas naturale, principalmente nel centro Italia.
1.1 In data 17 luglio 2019, l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (di seguito anche solo “A.G.C.M.” o l’“Autorità”) le ha comunicato l’avvio del procedimento sanzionatorio PS9753 per violazione degli articoli 20, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo (d.lgs. n. 206 del 2005), per avere impropriamente addebitato agli utenti una serie di oneri, nonché di penali per mancato o tardivo recesso, applicati anche a seguito di modifiche unilaterali delle condizioni economiche di fornitura.
Il 23 luglio 2019 l’Autorità ha disposto un’ispezione presso la sede della società, nel corso della quale ha raccolto una serie di elementi a carico della stessa. In data 6 settembre 2019, dopo aver risposto alla richiesta di informazioni dell’A.G.C.M. e ad avere prodotto una prima memoria difensiva, Enegan S.p.A. ha richiesto di essere sentita in audizione.
In tale occasione, la predetta società ha evidenziato:
– la natura seriale e preordinata delle segnalazioni richiamate nella comunicazione di avvio, in quanto effettuate da un agente della società, che stava ponendo in essere atti di concorrenza sleale a danno di Enegan S.p.A.;
– i motivi per cui gli oneri applicati erano da ritenersi del tutto in linea con la regolamentazione vigente, dettata dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (A.R.E.R.A.).
In data 5 novembre 2019, l’Autorità ha comunicato la conclusione della fase istruttoria, rilevando che “l’impropria fatturazione di una pluralità di oneri […] nonché l’applicazione di penali per recesso, che si riserva di stornare a seguito di reclamo, appare rappresentare una condotta non diligente, ai sensi dell’art. 20, caratterizzata da profili di aggressività, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo”.
1.2 A seguito della costituzione di un nuovo collegio difensivo in data 9 gennaio 2020 si è tenuta un’ulteriore audizione e, acquisiti il prescritto parere dell’AR.E.R.A. e le memorie difensive, il 4 giugno 2020 l’A.G.C.M. ha notificato a Enegan S.p.A. il provvedimento n. 28246, pubblicato sul Bollettino dell’Autorità n. 23 dell’8 giugno 2020, reso a valle del procedimento PS9753 – “ENEGAN ADDEBITI VARI”.
In quest’ultimo l’Autorità ha:
– qualificato la condotta di Enegan S.p.A., consistita “nella fatturazione impropria di diverse voci di costo e penali per recesso, nella omissione di informazioni rilevanti e nella presentazione in modo non trasparente della natura di tali oneri ovvero nella modifica delle condizioni economiche e contrattuali in assenza di adeguata informativa”, come pratica commerciale aggressiva ai sensi degli artt. 24 e 25, lett. d), del Codice, “in quanto idonea […] a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione ai servizi offerti dal Professionista”;
– ha irrogato alla medesima società per le condotte appena descritte una sanzione di complessivi € 2.875.000,00 (pari ad una sanzione base di € 2.500.000,00, più ulteriori € 375.000,00 a titolo di aggravante, poiché la società era stata già destinataria di un precedente provvedimento di accertamento della violazione del Codice, nel procedimento PS10338-Enegan-attivazioni non richieste).
2. Con ricorso notificato il 4 agosto 2020 e depositato il 7 agosto 2020 Enegan S.p.A. ha impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio- sede di Roma il suddetto provvedimento chiedendo, in via prioritaria, il suo annullamento e, in via subordinata, la riduzione della sanzione comminata.
2.1 A sostegno del ricorso di primo grado ha dedotto le censure così rubricate:
1) Difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, violazione degli artt. 24 e 25 del Codice, contraddittorietà intrinseca, irragionevolezza, eccesso di potere;
2) Sulla presunta aggressività della pratica commerciale accertata: violazione degli artt. 24, 25 e 27 del Codice del consumo, difetto di motivazione e di istruttoria, eccesso di potere;
3) In via subordinata, sulla illegittimità della sanzione: violazione dell’art. 27 del codice, nonché della legge n. 689/1981, difetto di istruttoria, eccesso di potere.
3. Ad esito del relativo giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, il T.A.R. ha respinto il ricorso.
4. Con ricorso notificato il 22 novembre 2021 e depositato il 24 novembre 2021 Enegan S.p.A. ha proposto appello avverso la suddetta decisione chiedendone, previa sospensione dell’esecutività ex art. 98 c.p.a., la riforma.
4.1 In particolare, ha affidato il gravame ai motivi così rubricati:
1) erroneità della sentenza per omessa e/o carente motivazione – violazione del sindacato giurisdizionale – irragionevolezza – illogicità;
2) erroneità della sentenza per omessa e/o carente motivazione e illogicità in relazione alla ricognizione dei fatti oggetto di procedimento – difetto di istruttoria e di motivazione – travisamento dei fatti – violazione degli artt. 24 e 45 codice – contraddittorietà intrinseca – irragionevolezza – eccesso di potere;
3) erroneità della sentenza per la presunta aggressività della pratica commerciale accertata in violazione degli artt. 24, 25 e 27 del codice – difetto di motivazione e di istruttoria – eccesso di potere;
4) in via subordinata, omessa pronuncia ed erroneità della sentenza per aver confermato il giudice di primo grado l’illegittima sanzione – violazione dell’art. 27 del codice e della legge n. 689/1981 – difetto di istruttoria – eccesso di potere.
5. In data 9 dicembre 2021 si è costituito in giudizio il CODACONS.
5.1 Lo stesso ha depositato in data 13 dicembre 2021 memoria difensiva.
6. Ad esito dell’udienza in camera di consiglio del 16 dicembre 2021 questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 6696 del 17 dicembre 2021, ha respinto la domanda cautelare ex art. 98 c.p.a formulata da parte appellante, osservando che essa “non è assistita dai necessari presupposti, non avendo parte appellante offerto elementi, specifici e concreti, idonei a comprovare in maniera oggettiva il paventato pericolo derivante dal pagamento della sanzione, limitandosi ad ipotizzare un tale evento genericamente e senza il supporto di alcun elemento di concretezza, né risulta essere stata richiesta la possibile rateizzazione”.
7. In data 13 dicembre 2023 si è costituita in giudizio, a mezzo della difesa erariale, l’A.G.C.M., chiedendo la reiezione del gravame.
8. Nelle date dell’8 e 9 gennaio 2024 CODACONS, Enegan S.p.A. e la difesa erariale hanno depositato memorie difensive.
In particolare, CODACONS ha chiesto “attesa la persistente incertezza sul riparto di competenze tra Autorità di regolazione e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”, di voler valutare la rimessione d’ufficio alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 267 T.F.U.E. delle questioni necessarie alla definizione del giudizio.
9. Il 12 gennaio 2024 Enegan S.p.A. ha depositato memoria in replica.
10. All’udienza pubblica del 25 gennaio 2024 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto.
2. Con il primo motivo di appello si denuncia la carenza dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata rilevando che il T.A.R. si sarebbe limitato a fare proprie (acriticamente) le conclusioni dell’A.G.C.M. ed avrebbe omesso di statuire o anche solo prendere posizione su molteplici censure mosse a mezzo del ricorso di primo grado.
Nel dettaglio, si osserva che il giudice di prime cure avrebbe apoditticamente affermato che “La pratica contestata è stata ritenuta dall’Autorità molto grave, con argomentazioni logiche e condivisibili, in quanto la fatturazione dei diversi oneri e delle penali per recesso non dovuti dagli utenti ha avuto carattere sistematico e ha interessato la generalità di consumatori e microimprese, determinando per questi ultimi un significativo pregiudizio economico, consistente nell’innalzamento del costo delle forniture di energia elettrica e gas” (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata), così ribadendo le conclusioni dell’A.G.C.M. e senza spiegare perché le stesse, a fronte delle censure opposte da Enegan S.p.A., sarebbero condivisibili.
3. Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, nel respingere il primo motivo del ricorso di primo grado, ha rilevato che l’Autorità avrebbe correttamente:
– evidenziato la fondatezza delle contestazioni degli utenti sull’assunto che Enegan S.p.A. ha accolto i reclami pervenuti;
– dimostrato che vi sia stata consapevolezza dell’asserita impropria fatturazione sulla base di talune discussioni interne alla società medesima.
In particolare, secondo parte appellante, il giudice di prime cure avrebbe errato nell’affermare che “Tali argomentazioni sono state portate nel corso del procedimento anche all’attenzione dell’Autorità, che ha evidenziato che la fondatezza delle contestazioni degli utenti ha trovato conforto, in primo luogo, nella circostanza che la stessa Enegan, nelle risposte ai reclami presentati, ha sempre riconosciuto che gli oneri oggetto di contestazione risultavano “non dovuti”; tale riconoscimento, tuttavia, è stato effettuato, con lo storno delle relative somme, solo a fronte della presentazione del reclamo da parte dell’utente” (cfr. pag. 8 e ss. della sentenza impugnata).
3.1 Sotto un primo profilo, si deduce che le conclusioni del giudice di prime cure muoverebbero dal palese travisamento delle dinamiche del settore di riferimento in cui sarebbe incorsa la stessa A.G.C.M..
Più segnatamente, si osserva che il settore dell’energia elettrica e del gas naturale sarebbe caratterizzato da un significativo tasso di abbandono (il c.d. churn rate) che ogni operatore cerca costantemente di ridimensionare anche in considerazione degli elevati costi sottesi al rientro nella propria customer base dell’utente uscito (c.d. Cost to Acquire; in seguito anche solo “C.t.A.”). Soddisfare le richieste del proprio cliente, ove ragionevoli, sarebbe dunque fondamentale nonché necessario per preservare la propria clientela e per evitare di sopportare i C.t.A. ben superiori rispetto a quelli che possono discendere dallo storno degli oneri oggi in questione (pari a pochi euro.) Infatti, la società sarebbe in grado recuperare i C.t.A. sostenuti per acquisire un cliente solo qualora quest’ultimo permanga nella customer base non meno di sedici mesi (e ciò senza considerare gli altri costi indiretti che la Società sopporta per la propria operatività, quali i Cost to Serve, oltre alle spese generali ed amministrative).
Ciò sarebbe ancor più vero ove si consideri che il settore in questione, come rilevato dalla stessa Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (di seguito, anche solo “A.R.E.R.A.”), sarebbe caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di operatori. In tali mercati, dunque, Enegan S.p.A. si troverebbe a competere con una moltitudine di operatori, moltissimi dei quali di più grandi dimensioni, i quali spesso pongono in essere condotte commerciali molto aggressive volte a sottrarre la clientela altrui.
Anche in considerazione delle peculiarità di detto settore, dunque, Enegan S.p.A. avrebbe elaborato una precisa strategia aziendale consistente nell’accogliere il maggior numero possibile di reclami e così ridimensionare il rischio di abbandono del cliente e i conseguenti costi per la Società.
3.2 Sotto un secondo profilo, per quanto concerne i frammenti di comunicazioni ripresi in sentenza (cfr. pag. 9 e ai report aziendali ivi espressamente richiamati), gli stessi risulterebbero, ad avviso di parte appellante, del tutto decontestualizzati.
Si osserva, in proposito, che il confronto tra l’Ufficio Legale Interno e l’Area Legale e Regolamentare (di seguito, rispettivamente, anche solo “U.L.I.” e “A.L.R.”) dovrebbe leggersi in una dialettica interna virtuosa, volta a favorire il reciproco confronto. Le interlocuzioni tra A.L.R. e U.L.I. non sarebbero state dunque finalizzate a implementare una qualche pratica illecita, ma a ottimizzare, mediante il coinvolgimento di A.L.R., i processi aziendali facenti capo a U.L.I.; ciò nel solo caso in cui il reclamo avanzato prevedesse il coinvolgimento di quelle Autorità indipendenti (tra cui A.G.C.M. e A.R.E.R.A.) che rientrano nel perimetro delle competenze di A.L.R. stesso. Nella stessa ottica andrebbe letta la redazione delle Linee guida di risposta ai reclami, predisposte al fine di fornire risposte standard ai vari reclami che, invece, l’Autorità avrebbe qualificato, irragionevolmente, come prova della seriale illiceità degli addebiti applicati.
3.3 Sotto altro connesso profilo si deduce l’erroneità della statuizione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la condotta della Società si sarebbe posta in contrasto con la disciplina contrattuale e normativa applicabile al caso de quo (cfr. pag. 9 della sentenza).
Secondo parte appellante il T.A.R. si sarebbe limitato a rilevare che le giustificazioni addotte da Enegan S.p.A. a sostegno dell’applicazione delle varie componenti dell’offerta ritenute illegittime con riferimento alle voci contestate sarebbero state già dedotte nel procedimento amministrativo svoltosi dinanzi all’A.G.C.M. e da queste disattese sulla scorta di un parere acquisito da A.R.E.R.A..
Dette conclusioni non sarebbero in ogni caso condivisibili in quanto, diversamente dall’interpretazione datane in sentenza dal T.A.R. (cfr. pag. 7 della sentenza), A.R.E.R.A. nel proprio parere non avrebbe ritenuto che gli oneri siano stati impropriamente addebitati o che la regolazione sia stata disattesa, essendosi per contro limitata a fornire le coordinate regolamentari rilevanti e procedendo a talune considerazioni meramente possibilistiche che non si sarebbero peraltro tradotte in alcuna azione nei confronti della società.
Parte appellante riproduce, pertanto, nel dettaglio, le considerazioni già svolte con riferimento a ciascuna voce.
Quanto alle voci considerate negli oneri e penali per il recesso di cui al punto 4.8. delle Condizioni generali di Fornitura (di seguito, anche solo C.G.F.) non potrebbero configurarsi come penali di recesso in quanto sono state applicate al solo fine di ristorare, quantomeno parzialmente, i costi diretti sostenuti da Enegan S.p.A. per:
– cedere ai nuovi clienti il kit di efficientamento energetico;
– prestare servizi di consulenza e assistenza nella fase di stipula del contratto, nonché in via continuativa tramite il consulente sul territorio; prestare servizi di tipo assicurativo gratuiti;
– fornire servizi gratuiti per i veicoli del cliente; gestire i servizi e le promozioni del portale “Noigan”.
Peraltro, tali voci non sarebbero state applicate in caso di impegno del cliente a rimanere sotto contratto per almeno dodici mesi in quanto, in tale evenienza, sarebbero stati compensati/assorbiti dai corrispettivi sulla materia energia. Sul punto anche la stessa AR.E.R.A., nel proprio parere, non avrebbe qualificato gli oneri in parola come illeciti, ma avrebbe semplicemente rilevato che – nel caso in cui fossero configurabili come penali per il recesso – gli stessi non avrebbero potuto essere applicati nell’ipotesi di recesso esercitato nel rispetto della regolamentazione vigente.
Tuttavia, anziché verificare se le segnalazioni fossero fondate o meno, l’A.G.C.M. (e, a seguire, il T.A.R.) avrebbero effettuato un giudizio tranchant sulla presunta illiceità degli oneri in parola, sulla base delle interlocuzioni interne avvenute tra le diverse aree aziendali, in cui le stesse si interrogavano sulla possibilità di addebito delle predette voci, nonché della circostanza che le stesse venivano stornate in caso di contestazione da parte degli utenti.
3.4 Con riguardo agli oneri di Copertura del Rischio e di Credito (di seguito, anche solo “oneri C.R.C.”) si osserva che essi sarebbero stati previsti al solo scopo di limitare le perdite e i costi relativi agli insoluti dei clienti finali e/o discendenti dal mancato e/o ritardato pagamento delle prestazioni del contratto di somministrazione. Si tratterebbe, dunque, di una voce volta a coprire una serie di costi effettivamente sopportati dalla società, tra cui quelli relativi al recupero crediti, agli incassi degli oneri generali di sistema, distribuzione e accise, oltre alla quota energia. Si aggiunge che gli oneri C.R.C. erano previsti separatamente nelle C.G.F. e oggetto di doppia sottoscrizione, ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo, tant’è che anche nel parere A.R.E.R.A. non vi sarebbero contestazioni sul punto.
Secondo parte appellante tale condotta non potrebbe, inoltre, essere considerata una pratica commerciale scorretta, dal momento che Enegan S.p.A., diligentemente, avrebbe riconosciuto lo storno dell’onere in difetto della doppia sottoscrizione, adempimento senza il quale la clausola sarebbe stata comunque improduttiva di effetti. Si aggiunge, inoltre, che, su sedici reclami aventi ad esclusivo oggetto gli oneri C.R.C. nel periodo preso a riferimento nel procedimento, solo cinque avrebbero trovato accoglimento sicché non sia sarebbe trattato di una condotta sistematica.
3.5 Con riferimento all’onere perequativo (di seguito, anche solo “onere P.P.E.”) si deduce che lo stesso sarebbe stato applicato da Enegan S.p.A. solo nel 2018. Tale corrispettivo, tra l’altro, troverebbe una puntuale corrispondenza nella contrattualistica sottoscritta dal cliente, essendo espressamente previsto nella “Scheda di Riepilogo dei corrispettivi per i clienti”, posta all’interno delle CTE, e quantificato in 0,00402 euro/kWh. Il relativo quantum sarebbe stato, inoltre, soggetto alle medesime variazioni relative al c.d. P.P.E. di cui alla Deliberazione 301/2012/R/eel s.m.i. Anche tale onere sarebbe, dunque, del tutto conforme alla normativa vigente, tant’è che il parere A.R.E.R.A. non avrebbe mosso alcuna contestazione sulla illiceità dello stesso.
Tra l’altro, il predetto onere sarebbe stato stornato da Enegan S.p.A. nei casi in cui, per mero errore di generazione delle comunicazioni, come anche emerge dalle interlocuzioni valorizzate dall’A.G.C.M. (così nel provvedimento impugnato, par. 52), gli utenti non erano stati informati della relativa applicazione.
3.6 Per ciò che attiene alla voce “Dispacciamento Terna (quota fissa)” (punto V, par. 55 e ss. del provvedimento gravato in prime cure), si osserva che essa sarebbe volta a remunerare l’attività di gestione dei flussi di energia sulla rete svolta da Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. (di seguito, anche solo “Terna”), in conformità alla Delibera A.R.E.R.A. n. 111/2006, recante “Condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico, ai sensi degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”.
Invece, quanto all’onere P.C.V. (punto V, par. 55 e ss. del provvedimento gravato in prime cure), esso consisterebbe, secondo parte appellante, nel prezzo di commercializzazione riferito alla fornitura di elettricità, applicato in conformità all’art. 5, comma 1, del Codice di Condotta Commerciale (Allegato A alla delibera A.R.E.R.A ARG/com 104/10 dell’8 luglio 2010) che Enegan S.p.A., in una logica di trasparenza, avrebbe proceduto a riportare analiticamente nei contratti di fornitura di energia e di gas. Si tratterebbe comunque di oneri dei quali il cliente aveva espressa contezza, anche in considerazione della circostanza che allo stesso era riconosciuta la possibilità di usufruire di uno sconto sugli stessi, in caso di invio della fattura a mezzo e-mail.
3.7 Con riguardo agli oneri amministrativi indicati al punto VII, par. 61 e ss. del provvedimento gravato in prime cure, parte appellante deduce che essi sarebbero stati applicati limitatamente all’offerta “Opzione Serena”, in essere solo tra il 1° luglio 2018 e il 1° giugno 2019 e che ha interessato 1643 utenti su una customer base di 76.086 clienti di Enegan S.p.A..
3.8 In merito alla quota variabile (in acronimo Q.V. – provvedimento, par. 63) parte appellante sostiene che si tratterebbe di una ipotesi totalmente marginale, in quanto applicata solo ai clienti con contratti Index. Inoltre, la calmierizzazione della quota variabile sarebbe sempre stata adottata per evitare costi eccessivi ai clienti e sarebbe oggetto di una segnalazione del tutto isolata, che, tra l’altro, lamenterebbe la disapplicazione della calmierizzazione solo in relazione all’ultima fattura.
3.9 Con riferimento agli asseriti oneri di postalizzazione (punto VIII, par. 65 e ss. del provvedimento gravato in prime cure), non potrebbe, poi, secondo parte appellante, parlarsi di pratica commerciale aggressiva.
Ciò in quanto l’addebito degli oneri di postalizzazione sarebbe stato più volte oggetto dell’attenzione dell’A.R.E.R.A. che, negli ultimi anni, avrebbe aperto in merito numerosi procedimenti sanzionatori (DSAI/27/2018/COM avviata da Sorgenia S.P.A.; DSAI/28/2018/COM nei confronti di Edison S.p.A.; DSAI/29/2018/COM nei confronti di E.on Energia S.p.A.; DSAI/65/2018/COM nei confronti di A2A Energia S.p.A.; DSAI/66/2018/COM nei confronti di Acea Energia S.p.A.; DSAI/68/2018/COM nei confronti di Enel Energia S.p.A.), senza mai coinvolgere Enegan S.p.A..
3.10 Infine, parte appellante deduce, in generale, che l’eventuale pregiudizio economico derivante dall’innalzamento dei costi di fatturazione (par. 114 del provvedimento gravato in prime cure) non potrebbe essere considerato, tout court, una pratica commerciale scorretta, ma, al più, una violazione della regolamentazione di settore e, come tale, di competenza dell’A.R.E.R.A.. Ciò in quanto:
– in virtù delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, infatti, gli Stati membri devono garantire “un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, alle informazioni generali ed ai meccanismi di risoluzione delle controversie”;
– gli allegati I delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE prevedono che “fatte salve le norme dell’Unione relative alla tutela dei consumatori, le suddette misure consistono nel garantire, da un lato, che i clienti abbiano diritto a un contratto concluso con il fornitore che specifichi determinate informazioni elencate in tali allegati, e, dall’altro, che le condizioni siano eque e comunicate in anticipo”.
Proprio la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in relazione all’art. 27, comma 1-bis, del Codice, richiamata dal provvedimento gravato in prime cure (par. 101), prevedrebbe, d’altronde, espressamente che la competenza dell’A.G.C.M. nei settori regolamentati sussista solo se la condotta contestata integra una violazione dei diritti dei consumatori previsti dalla legislazione dell’Unione, come nel caso della stipulazione di contratti di fornitura non richiesti dai consumatori o di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
Diversamente interpretando e, dunque, facendo proprie le tesi dell’A.G.C.M., si finirebbe, secondo parte appellante, con lo svilire il possibile intervento di A.R.E.R.A. a tutela dei consumatori. Inoltre, gli oneri oggetto di contestazione atterrebbero ad aspetti specifici della pratica commerciale in quanto strettamente connessi alla regolazione di settore e, pertanto, in virtù del principio di incompatibilità elaborato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, la relativa competenza dovrebbe essere devoluta esclusivamente all’Autorità di settore (id est A.R.E.R.A., Autorità che non ha avviato alcun procedimento nei confronti di Enegan S.p.A. per violazione della normativa di riferimento).
4. Il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente stante l’intima connessione che li avvince, sono infondati e vanno respinti.
Quanto al primo motivo va, in generale, ribadito, nel solco dell’insegnamento giurisprudenziale di questa Sezione, che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti delle Autorità garanti (e segnatamente dell’A.G.C.M.) “comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, nel qual caso il sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità” (così, ex multis, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, sentenza del 20 marzo 2023, n. 2823 e del 22 marzo 2023, n. 2929).
Ebbene, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, il giudice di prime cure, pur non essendosi soffermato nel dettaglio su ogni singolo specifico profilo di doglianza articolato da parte ricorrente (con riguardo, in particolare, a tutte le diverse voci di oneri in contestazione), abbia comunque condotto sul provvedimento gravato in primo grado un sindacato intrinseco sufficientemente penetrante che ha consentito di vagliare in maniera adeguata la sussistenza degli addebiti mossi contro Enegan S.p.A. e di darne, poi, adeguato conto nella motivazione della decisione.
Non va, infatti, obliterato che, nonostante l’addebito improprio di diverse tipologie di oneri fosse in astratto suscettibile di configurare altrettante possibili pratiche commerciali scorrette, l’A.G.C.M., con il provvedimento gravato in prime cure, ha valutato unitariamente tali condotte, considerando le stesse come un’unica pratica commerciale scorretta riguardante la complessiva politica di fatturazione adottata da Enegan S.p.A. nell’ambito della fornitura di servizi di energia elettrica e gas naturale.
Ne è riprova che l’Autorità, ad esito del procedimento istruttorio, abbia elevato nei confronti di quest’ultima un singolo addebito per violazione degli artt. 24 e 25, lett. d), del Codice del Consumo contestando una condotta unitaria consistente “nella fatturazione impropria di diverse voci di costo e penali per recesso, nella omissione di informazioni rilevanti e nella presentazione in modo non trasparente della natura di tali oneri ovvero nella modifica delle condizioni economiche e contrattuali in assenza di adeguata informativa”.
È, quindi, in questa prospettiva che il giudice amministrativo è chiamato a sindacare la legittimità del provvedimento de quo. Si impone, per l‘effetto, in questa sede, una verifica di sintesi sulla tenuta delle contestazioni che passa per la valutazione complessiva del comportamento dell’operatore economico e non consente, come invece propone parte appellante, l’artificiosa parcellizzazione delle singole fattispecie. Tanto che, addirittura, se dovesse emergere (come invero non è accaduto) che alcuni degli oneri in contestazione fossero stati effettivamente dovuti e correttamente addebitati ciò non varrebbe, comunque, ex se ad escludere la sussistenza dell’illecito sanzionato.
E, infatti, le emergenze, tanto del primo quanto di questo grado di giudizio, hanno dimostrato che Enegan S.p.A., nel periodo di riferimento, ha applicato sistematicamente e consapevolmente, nei rapporti con la propria clientela, una fitta trama di corrispettivi (e costi) occulti, mascherati sotto forma di oneri non dovuti.
4.1 Ad assumere particolare significato, in questa prospettiva di sintesi, sono le modalità di gestione dei reclami seguite da Enegan S.p.A..
In particolare, come messo in evidenza anche nel provvedimento gravato in prime cure e nella sentenza impugnata, l’odierna appellante ha predisposto in materia delle Linee Guida dalle quali traspare una precisa e consapevole strategia aziendale che non era quella, come sostenuto da parte appellante, di contrastare il cd. churn rate, ma di fatturare impropriamente una molteplicità di oneri ad un’ampia base di clienti, salvo procedere allo storno degli stessi a favore di un numero ben inferiore dei clienti stessi (così massimizzando illecitamente il profitto ritraibile da ogni singolo rapporto).
Si deve, in proposito evidenziare, infatti, che, nel predisporre risposte standard ai reclami, l’ufficio legale dell’appellante sollecitava l’attenzione dell’area regolamentare interna, con riferimento alle risposte ai reclami da fornire ai clienti, in particolare nei casi in cui le voci di costo risultavano “non contrattualmente previste”. Ed è particolarmente eloquente la circostanza che all’interno delle macrocategorie di contestazioni di cui alle citate Linee Guida figurino proprio quelle voci che, poi, l’A.G.C.M. ha ritenuto non dovute (in particolare la voce di costo “PPE (se non prevista da contratto)”, gli “Oneri CRC no doppia sottoscrizione”, gli “Oneri amministrativi gas”).
Parimenti significativa è la circostanza che, come emerge ex actis, la società appellante ponesse particolare attenzione nel predisporre le risposte ai reclami qualora gli stessi fossero dagli utenti indirizzati in copia alle Autorità garanti. Un simile atteggiamento rivela, infatti, non solo la consapevolezza della (quantomeno potenziale) illiceità delle condotte di addebito, ma denota la volontà di riservare un trattamento di riguardo a quelle pratiche di reclamo di più rischiosa gestione. Quest’ultima considerazione vale, peraltro, a smentire la deduzione di parte appellante secondo cui lo scopo, alla base della politica di gestione dei reclami portata avanti da Enegan S.p.A., fosse davvero quello di preservare la propria clientela al fine di evitare di sopportare costi di attivazione superiori rispetto a quelli che possono discendere dallo storno degli oneri. Tanto più se si considera che, come ammesso da parte appellante in apertura del secondo motivo, la politica di Enegan S.p.A. era quella di accogliere, in maniera non dissimile da quanto dovrebbe fare ogni operatore corretto, solo le pretese “ragionevoli” (e, quindi accompagnate da un fumus di fondatezza).
4.2 Parimenti significativo appare, sempre nell’ottica della prova di una complessiva politica aziendale consistente nella fatturazione di oneri non dovuti, è il tenore dei vari stralci di report di audit interno riportati nel provvedimento gravato in prime cure.
L’intensa dialettica registrata, anche ai massimi livelli, tra le articolazioni aziendali ha evidenziato una serie di criticità che hanno poi successivamente trovato riscontro nelle contestazioni dell’Autorità. Tra le varie comunicazioni si segnalano, per ragioni di sinteticità, solo le più evidenti:
– il verbale di una riunione dei soci di Enegan S.p.A., menzionato al par. 44 del provvedimento impugnato in prime cure, dal quale emerge che le penali per recesso “potrebbero essere contestate da parte dell’Autorità”;
– l’e-mail interna menzionata al par. 49 del provvedimento impugnato in prime cure da cui risulta, con riguardo ai reclami relativi agli oneri C.R.C. addebitati in difetto di doppia sottoscrizione che essi dovevano essere accolti in ragione della “natura border line di tale componente”;
– il report 2018 (par. 52 del provvedimento gravato in prime cure) che, con riferimento all’onere perequativo, segnalava la necessità di “inviare ai clienti […] una comunicazione di variazione unilaterale del contratto”.
4.3 In disparte dalle considerazioni generali testè svolte in ordine alle modalità di gestione dei reclami e ferma in ogni caso la possibilità in questa sede di integrare l’eventuale incompletezza della motivazione addotta a sostegno della sentenza impugnata (così ex multis Cons. Stato, sez. III, 7 febbraio 2022 , n. 856), pare, in ogni caso, che gli specifici rilievi mossi dall’Autorità siano fondati non cogliendo nel segno le doglianze svolte a mezzo del secondo motivo di gravame da parte appellante (che sul punto si è limitata a reiterare le censure già mosse in primo grado).
4.4 Nel dettaglio, quanto agli oneri e penali per il recesso di cui al punto 4.8. delle Condizioni generali di Fornitura (di seguito, anche solo C.G.F.), le somme in parola non risultano, alla luce della documentazione contrattuale, espressamente legate, come invece sostiene appellante, alla fornitura dei servizi accessori (quale la fornitura kit di efficientamento energetico). Del resto, se così fosse stato, si sarebbero posti come corrispettivo andando a confluire nel prezzo e non sarebbero stati legati all’evento di recesso (peraltro con esclusione di quelli che si verificavano trascorsi dodici mesi dalla stipula).
Il carteggio interno relativo a tali oneri e, soprattutto, la circostanza che la pratica sia stata volontariamente sospesa dalla stessa società appellante dal mese di ottobre 2019 (e le relative voci eliminate dai nuovi contratti andati in stampa nel dicembre del 2019), costituiscono, poi, indici presuntivi di una certa consistenza dell’illiceità della pratica.
Più segnatamente, va evidenziato che, come emerge ex actis, la stessa società appellante ha, a più riprese, ammesso la fondatezza delle contestazioni degli utenti riconoscendo che gli oneri in parola erano “non dovuti”, talvolta precisando, a proprio discarico, che gli stessi erano stati “erroneamente addebitati”, in ragione di non meglio precisate disfunzioni/anomalie del sistema di fatturazione (si veda la comunicazione Enegan del 17 maggio 2019, prot. n. 36896).
Lumeggia, peraltro, negativamente la contraddittoria modalità di gestione dei reclami seguita da Enegan S.p.A. la circostanza che la stessa, in altri casi sostanzialmente sovrapponibili, sempre con riguardo agli oneri ex articolo 4.8, abbia accolto il reclamo proposto dal consumatore ma con motivazione diversa, precisando che detti oneri erano espressamente previsti dalle condizioni generali di fornitura e che “in alcun modo può essere qualificato come una penale per recesso dal contratto. Le comunichiamo in ogni caso che, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede che caratterizzano Enegan nella gestione dei rapporti commerciali con i propri clienti […] con il primo ciclo di fatturazione utile provvederemo allo storno integrale dei suddetti oneri” (così al par. 26 del provvedimento gravato in prime cure).
4.5 Considerazioni in parte simili possono essere svolte con riguardo agli oneri di Copertura del Rischio e di Credito dovendosi evidenziare, in primo luogo, che anche dette somme:
– non risultano espressamente legate nel documento contrattuale a costi specifici né commisurate ad essi (anche per il loro carattere generale ed indefinito);
– sembrano svolgere, nel silenzio delle condizioni generali, una funzione sostanzialmente retributiva della normale alea in ordine alla solvibilità della controparte e che è insita in ogni stipulazione contrattuale.
In secondo luogo, è appena il caso di notare che anche detti oneri sono stati eliminati a partire dal mese di gennaio 2019 venendo sostituti con gli oneri c.d. O.G.M. (che a differenza dei precedenti risultano determinati ex ante e applicabili ai clienti solo in caso di effettiva morosità).
4.6 Per ciò che attiene all’onere perequativo è, invece, sufficiente rilevare che esso assolveva ad una funzione sostanzialmente retributiva (quale componente tariffaria variabile che Enegan S.p.A. applicava in sostituzione della Quota Fissa Dispacciamento) e non indennitaria, tanto da essere, solo talvolta, espressamente menzionato nei documenti contrattuali come voce di corrispettivo (in particolare nella “Scheda di Riepilogo dei corrispettivi per i clienti”). Né può obliterarsi che l’onere in parola è stato applicato solo temporaneamente da gennaio a dicembre 2018 e poi spontaneamente rimosso in parziale emenda dalla società appellante (la quale, fino a tale momento aveva accolto i reclami in tutti i casi in cui l’applicazione del P.P.E. non risultava esplicitamente dal contratto).
4.7 Quanto alla voce “Dispacciamento Terna (quota fissa)”, all’onere P.C.V. così come agli altri oneri amministrativi indicati al punto VI) par. 57 e ss. del provvedimento gravato in prime cure, constano in atti riscontri a reclamo (si vedano, ad esempio, la comunicazione Enegan del 9 maggio 2019, prot. n. 34820 ma anche la comunicazione Enegan del 14 maggio 2019, prot. n. 35923) in cui la società appellante si è limitata ad ammetterne il carattere indebito delle voci in parola adducendo a propria giustificazione “una disfunzione del sistema di fatturazione”. Non si spiega, pertanto, perché solo in sede giudiziale Enegan S.p.A. abbia sostenuto la liceità della loro applicazione facendo, peraltro, riferimento ad un dato irrilevante quale la circostanza che fossero destinati a remunerare l’attività di gestione dei flussi di energia, secondo la normativa di settore. Infatti, quest’ultimo rilievo depone nel senso della natura corrispettiva (e non indennitaria) di tali voci, costituendo le stesse, come pure riconosciuto, da parte appellante costi interni al processo produttivo dell’operatore (e che sono, come tali, da computare nel prezzo praticato all’utenza).
Parimenti irrilevante è la circostanza, pure dedotta da parte appellante, che taluni di questi oneri siano stati applicati limitatamente all’offerta “Opzione Serena”, in essere solo tra il 1° luglio 2018 e il 1° giugno 2019 e che abbiano interessato 1643 utenti su una customer base di 76.086 clienti di Enegan S.p.A.. Infatti, è di tutta evidenza che la circostanza che la loro applicazione sia avvenuta una tantum in relazione ad una singola promozione e, quindi, con riguardo ad una base ristretta di clientela non vale ad eliderne l’antigiuridicità, specie in assenza di specifiche deduzioni di segno opposto sul punto a cura di parte appellante.
4.8 Per ciò che attiene la quota variabile e gli oneri di postalizzazione, risulta irrilevante che la loro applicazione sia stata oggetto di contestazione nei confronti di Enegan S.p.A. solo nella vicenda che occupa, che la stessa abbia riguardato una platea limitata di clienti ovvero sia stata oggetto di successiva calmierizzazione (inidonea, peraltro, a rimuovere del tutto il pregiudizio economico sofferto dal consumatore) posto che a rilevare, in questa sede, sono unicamente le concrete ed effettive modalità della loro applicazione (rispetto alle quali le deduzioni di parte appellante paiono del tutto generiche), e ciò a prescindere dal fatto che i consumatori interessati siano o meno insorti avverso di essa.
Ancor più nel dettaglio preme, del resto, ribadire che:
– con riguardo alla quota variabile, l’Autorità non ha rilevato (e contestato) tanto l’an della sua debenza quanto la circostanza che sia stata applicata con maggiorazioni notevoli (talvolta fino al 300%) nel corso del rapporto (vedi par. 30 del provvedimento impugnato in prime cure);
– l’applicazione (e la conseguente fatturazione) dei c.d. corrispettivi di postalizzazione deve ritenersi indebita, quand’anche prevista dalla documentazione contrattuale, in quanto gli artt. 9 e 16, comma 12, del d.lgs. n. 102 del 2014 stabiliscono il divieto per l’impresa di vendita di energia al dettaglio di applicare specifici corrispettivi al cliente finale per la ricezione delle fatture (divieto ribadito dall’art. 10, comma 5, dell’Allegato A alla deliberazione 27 luglio 2017, 555/2017/R/COM – applicabile a tutte le offerte del mercato libero in virtù di quanto previsto al punto 2, lettera c), della predetta deliberazione – il quale dispone che “In nessun caso potranno essere applicati specifici corrispettivi ai clienti finali per la ricezione delle fatture”).
4.9 Non merita positivo apprezzamento neppure l’ultimo profilo di doglianza del secondo motivo di appello, con cui si deduce che l’eventuale pregiudizio economico derivante dall’innalzamento dei costi di fatturazione (par. 114 del provvedimento gravato in prime cure) non potrebbe essere considerato, tout court, una pratica commerciale scorretta, ma, al più, una violazione della regolamentazione di settore e, come tale, di competenza dell’A.R.E.R.A..
Detto aspetto si lega, in parte, con la sollecitazione ad operare un rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. formulata dalla sola CODACONS (e non anche da parte appellante) con memoria dell’8 gennaio 2023.
Sul punto, è sufficiente osservare che, sul tema del riparto di competenze tra A.G.C.M. ed altre Autorità di settore, è intervenuta la giurisprudenza della Corte di giustizia la quale ha affermato la prevalenza della normativa di settore solo ove sia individuabile “un contrasto” insanabile tra questa e la normativa generale di cui alla Direttiva 2005/29/CE e, nell’ordinamento nazionale, quella prevista dal Codice del Consumo (sentenza del 13 settembre 2018, in causa C-54/17 e C-55/17, a cui adde le ordinanze del 14 maggio 2019, in cause C-406/17, C-408/17 e C-417/2017).
In questo solco si è posta anche la giurisprudenza nazionale precisando, in proposito, anche sulla scorta degli artt. 19, comma 3, e 27, comma 1-bis, del d.lgs. n. 206 del 2005 (il cd. Codice del Consumo) che un siffatto “contrasto” sussiste unicamente quando “disposizioni estranee” alla direttiva 2005/29/CE, disciplinanti “aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali”, impongono “ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi incompatibili” con quelli stabiliti dalla suddetta direttiva (Consiglio di Stato, 25 ottobre 2019, n. 7296, nonché più di recente Consiglio di Stato, 1° ottobre 2021, n. 6596).
Ne discende che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza spetta all’A.G.C.M., mentre la competenza delle altre Autorità di settore si atteggia a residuale e sussiste soltanto quando la disciplina di settore, nel regolare “aspetti specifici”, ponga una disciplina che non può assolutamente conciliarsi con quella generale.
Ebbene, facendo applicazione di dette coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve certamente concludersi nel senso della sussistenza della competenza a procedere dell’A.G.C.M. avendo, peraltro, mancato parte appellante anche solo di allegare l’esistenza di una oggettiva ed assoluta incompatibilità tra la disciplina generale in tema di pratiche aggressive e quella di settore posta da A.R.E.R.A. (non essendo in tal senso sufficiente la mera constatazione che questa non si sia attivata per sanzionare le condotte di Enegan S.p.A.).
In questo senso preme ribadire che l’assolvimento degli obblighi minimi della regolazione di settore non integra (né tantomeno esaurisce) quel grado di diligenza professionale che il consumatore medio si attende dai professionisti del settore rappresentando, per converso, un canone minimo di comportamento. La giurisprudenza di questa Sezione ha, in proposito, osservato che: “non può in alcun modo predicarsi la sovrapponibilità tra le discipline settoriali e quella generale di tutela del consumatore. Esse, pur destinate ad integrarsi, restano reciprocamente autonome, operando su piani diversi [enfasi aggiunta]. […] Anche questa Sezione si è più volte pronunciata sull’esistenza di un rapporto di complementarietà tra la disciplina settoriale e le norme del Consumo, atteso che, da un lato, “il rispetto della normativa di settore non esaurisce gli obblighi di diligenza gravanti sul professionista, il quale dovrà, in ogni caso, porre in essere quei comportamenti ulteriori che discendono comunque dall’applicazione del più generale principio di buona fede a cui si ispira tutta la disciplina a tutela del consumatore sotto un profilo contrattuale [enfasi aggiunta]” e, dall’altro, “le prescrizioni recate dalle regolazioni di settore non costituiscono l’unico parametro cui va riferita la diligenza richiesta dal professionista ai sensi del Codice del consumo, non mirando le previsioni di settore alla tutela specifica dei consumatori e al perseguimento delle finalità sottese al Codice del consumo”; sicché, di regola, “il rispetto della disciplina di settore non esclude la possibilità che la condotta del professionista possa porsi in contrasto con la diligenza professionale richiesta dalla normativa a tutela del consumatore”, “a meno che la disciplina di settore non sia particolarmente dettagliata nell’indicare le azioni che il professionista deve porre in essere, anche per la tutela dei consumatori, e che tali azioni siano state esattamente poste in essere” (Consiglio di Stato, sez. VI, 30/09/2016, n. 4048)” (Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 2023, n. 9376 e id., 27 dicembre 2023, n. 11175).
4.10 Tutte le ragioni sopra esposte non solo portano a disattendere il profilo di censura in esame ma esonerano questo giudice dall’obbligo di sollevare ex art. 267, par. 3, T.F.U.E. questione di compatibilità eurounitaria difettando il presupposto della rilevanza della stessa. Ciò in quanto, come visto, non risultano, da un lato, specificatamente allegati dalle parti profili di autentica compatibilità della disciplina generale settoriale e, dall’altro, la normativa eurounitaria di che trattasi risulta essere “già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte” (ipotesi, questa, tipizzata di esonero dall’obbligo di rinvio, da ultimo ribadita da Corte di giustizia UE, 6 ottobre 2021, in causa C-561/2019, Consorzio Italian Management).
5. Con il terzo motivo di appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, nel respingere il primo motivo del ricorso di primo grado, ha affermato che “per come descritta dall’Autorità, la condotta contestata sia senz’altro riconducibile alla nozione di pratica aggressiva, avendo il professionista esercitato nei confronti dei consumatori un indebito condizionamento del loro processo decisionale, sfruttando la sostanziale asimmetria contrattuale che caratterizza le forniture dei servizi di energia e gas, stante la complessità della disciplina di tali servizi, e comprimendo le facoltà di scelta degli utenti con riferimento al recesso dal contratto” (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata).
Detta statuizione sarebbe, ad avviso di parte appellante, errata e non sorretta da adeguata motivazione in quanto il giudice di prime cure avrebbe arbitrariamente dilatato la nozione di indebito condizionamento di cui all’art. 24 del Codice del consumo senza, tra l’altro, che ne ricorressero gli elementi costitutivi ovverosia quello “strutturale”, riguardante proprio la sussistenza di un indebito condizionamento, e quello “funzionale”, consistente nell’effetto distorsivo che la pratica induce sulla libertà di scelta del consumatore.
Nel caso di specie, l’A.G.C.M. avrebbe, invece, omesso sia di specificare come i vari oneri o penali in questione abbiano contribuito a condizionare indebitamente la volontà del consumatore sia di specificare di quale volontà si stia trattando. In particolare, secondo parte appellante sarebbe stato necessario:
– specificare quale degli oneri applicati abbia condizionato il diritto di recedere dal contratto di fornitura;
– dettagliare quali “altri diritti contrattuali” in capo agli utenti siano stati pregiudicati dall’applicazione degli oneri considerati.
L’Autorità (e, per gli effetti, il giudice di primo grado) per porre rimedio a tale carenza istruttoria avrebbero invece apoditticamente contestato una “illegittima politica di fatturazione”, senza tuttavia chiarire quali diritti del consumatore siano stati incisi dalle singole voci contestate. Ne discenderebbe, pertanto, una valutazione della fattispecie del tutto lacunosa, che si tradurrebbe in un palese vulnus del diritto di difesa della odierna appellante.
Con riferimento all’asserito condizionamento del diritto di recesso, il T.A.R. avrebbe erroneamente affermato che la condotta della Enegan S.p.A. sarebbe risultata idonea a limitare la libertà di scelta o di comportamento del consumatore “inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, e a determinare ostacoli all’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori, tra i quali il diritto di risolvere un contratto senza oneri” (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata). Si deduce, in proposito, che lo stesso parere A.R.E.R.A. avrebbe rilevato come all’applicazione degli Oneri 4.8 non possa essere attribuito alcun connotato di aggressività, ma, al più, di ingannevolezza. In esso sarebbe stato, in particolare, affermato che le disposizioni in tema di recesso potrebbero essere state violate in caso di fatturazione di “importi a qualsiasi titolo in caso di recesso esercitato nel rispetto dei termini di preavviso stabiliti dalla regolazione e ciò a prescindere da eventuali ulteriori profili di ingannevolezza” (parere A.R.E.R.A., par 2).
Quanto rilevato in merito agli Oneri 4.8 sarebbe altresì spendibile con riferimento alla contestazione che riguarda la presunta omessa adeguata comunicazione delle variazioni unilaterali concernenti le condizioni generali del contratto. Anche in questo caso, il T.A.R., confermando acriticamente la ricostruzione operata dall’A.G.C.M., avrebbe arbitrariamente ricollegato presunte carenze informative all’indebito condizionamento dell’utente.
Il giudice di prime cure avrebbe, altresì, errato nel qualificare la condotta in termini di aggressività sull’assunto dell’asimmetria contrattuale caratterizzante il mercato di riferimento (cfr. pag. 10 Sentenza). Si osserva, in proposito, che il contesto ambientale e l’asimmetria informativa, tipica dei settori regolamentati, sebbene, da un lato, pongano in capo ai professionisti un parametro di diligenza rigoroso, dall’altro lato, non potrebbero per ciò solo tradursi in “aggressività” della condotta senza procedere ad una puntuale verifica delle caratteristiche e circostanze del caso concreto. Si deduce, sul punto, che nell’ottobre 2020 (e quindi ad appena quattro mesi circa dalla conclusione del procedimento) l’A.G.C.M. ha deciso di avviare ben tredici procedimenti istruttori sulle offerte di energia elettrica e gas sul mercato libero, aventi ad oggetto – dalle informazioni disponibili – presunte criticità informative non lontane da quelle ascritte alla Società e certamente connesse a profili regolamentari (undici dei quali si sono poi conclusi con accettazione degli impegni presentati dalle società e due con l’accertamento dell’infrazione e sanzione).
5.1 La doglianza non coglie nel segno.
La pratica contestata a Enegan S.p.A. a mezzo del provvedimento gravato in prime cure vale ad integrare una pratica commerciale aggressiva ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 206 del 2005 in quanto idonea a turbare la libertà di autodeterminazione dei clienti/consumatori (cd. elemento funzionale), mediante indebito condizionamento (cd. elemento strutturale).
Per indebito condizionamento ai sensi dell’art. 18, lett. l), del Codice del Consumo, si intende, infatti, “lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole”. Quest’ultima si atteggia, quindi a “nozione di chiusura in grado di «intercettare» le condotte aggressive non qualificabili come molestia o coercizione” anche eventualmente prive di carattere fraudolento (Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2017, n. 5795).
Giova sul punto, peraltro, rilevare che, come chiarito da questa Sezione proprio in materia di addebiti arbitrari, il condizionamento “indebito” ex art. 18, lett. l), del Codice del Consumo non deve connotarsi necessariamente in termini di illiceità assumendo, per converso, rilievo “anche un condizionamento che, fatta salva la sua liceità, comporti in modo attivo, attraverso una certa pressione, il condizionamento forzato della volontà del consumatore” (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2022, n. 8614 che ha ripreso ed applicato il principio enunciato da Corte di Giustizia, 12 giugno 2019, in causa C628/17, punto 33).
Tanto premesso deve rilevarsi che, come condivisibilmente statuito dal T.A.R., il provvedimento gravato in prime cure, nel tratteggiare mercé analitica ed adeguata motivazione (pagg. 37 e ss. e, in particolare, 40 e ss.) le caratteristiche della pratica commerciale contestata a Enegan S.p.A., ha messo in evidenza, con una valutazione calata nella vicenda concreta, che:
– vi era una situazione di elevata asimmetria informativa tra professionista e consumatore, dovuta all’estrema complessità della regolazione che contraddistingue i mercati dell’energia e del gas (come del resto anche messo in luce dal parere A.R.E.R.A. versato in atti il quale, per il resto, non è entrato nel merito dell’eventuale mancato rispetto nel caso di specie delle norme del Codice del Consumo);
– l’applicazione al cliente di una fitta trama di oneri non dovuti (di fattezze ed importi diversi, tra cui in modo particolare i sopra richiamati Oneri 4.8 a cui il provvedimento gravato in prime cure fa espresso riferimento al par. 116, pag. 41) ha condizionato indebitamente lo stesso limitando la sua autonomia negoziale anche rispetto alla scelta di recedere o meno dal contratto (gravando, in particolare, la disdetta di costi vietati dalla regolazione di settore – art. 6, comma 5, Allegato A alla del. ARERA 302/2016/R/com);
– la politica aziendale portata avanti da Enegan S.p.A. (con storno degli oneri applicati solo in caso di reclamo e a titolo meramente conciliativo e al fine di definire bonariamente la vicenda) ha scoraggiato i consumatori, anche dinanzi a variazioni unilaterali del regolamento contrattuale, dal far valere le proprie prerogative chiedendo il ripristino delle originarie condizioni contrattuali ovvero recedendo dallo stesso (così par. 117, pagg. 41e 42 del provvedimento gravato in prime cure).
6. Con il quarto motivo di appello si censura, in subordine, la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, nel respingere il primo motivo del ricorso di primo grado, ha anche disatteso le doglianze relative alla quantificazione della sanzione irrogata affermando che essa è stata “calcolata facendo applicazione dei criteri fissati dalla Legge del 24 novembre 1981 n. 689 recante «Modifiche al sistema penale», richiamati dall’art. 27, comma 13, Codice e, in particolare, della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, della personalità dell’agente, nonché delle condizioni economiche dell’impresa stessa” (pag. 11 della sentenza impugnata).
Secondo parte appellante il T.A.R. si sarebbe limitato a ripercorrere il calcolo operato dall’A.G.C.M. (pag. 11 e ss. della sentenza impugnata), ignorando ogni deduzione sul punto di Enegan S.p.A..
Si osserva che, quanto alla gravità, il giudice di prime cure ha rilevato come l’Autorità abbia fatto discendere la gravità della violazione:
– dalla dimensione economica della Società;
– dal carattere asseritamente sistematico della condotta;
– dalla sussistenza dell’asimmetria informativa (cfr. pag. 11 e ss. della Sentenza).
6.1 Sotto altro profilo si evidenzia che l’affermazione secondo cui Enegan S.p.A. rappresenti uno tra i “principali” operatori del settore è oggettivamente illogica. Nel 2019, anno di completa cessazione della pratica (par. 125 del provvedimento gravato in prime cure), secondo i dati forniti da Terna la domanda di energia elettrica a livello nazionale è stata di 319,6 Twh ed Enegan S.p.A. ha venduto poco meno di 1 Twh, incidendo sul mercato nazionale per lo 0,31% e rientrando così a buon titolo tra “gli altri operatori” di cui alla “Relazione annuale sullo stato dei Servizi anno 2019” pubblicata da A.R.E.R.A.. Ancor più modesta sarebbe l’incidenza sul mercato della vendita del gas naturale. Sul punto si deduce che:
– nella pubblicazione n. 133 del Gestore del Mercato Elettrico viene riportato che sono stati consumati in Italia nel 2019 73.760 milioni di metri cubi di gas e che Enegan S.p.A. ha venduto circa 65 milioni di metri cubi pari allo 0,088% del totale;
– nella sopra richiamata relazione annuale di A.R.E.R.A., Enegan S.p.A. si collocava tra i “piccoli” venditori, ovvero quelli in fascia tra 100 e 10 milioni di metri cubi venduti;
– tale posizione sarebbe stata confermata anche per il 2020, tant’è che nella “Relazione annuale sullo stato dei Servizi per l’anno 2020” di ARERA, Enegan S.p.A. non figura tra i principali operati né sul mercato dell’energia né in quello del gas.
6.2 A ciò si aggiunge, sotto altro profilo, che l’A.G.C.M. avrebbe omesso di considerare che circa la metà dei ricavi sono stati rappresentati da oneri c.d. passanti, ossia da costi di trasporto, di distribuzione, di dispacciamento e di oneri di sistema che la Società incassa ma che non fanno parte del fatturato in quanto poi girati ai terzi aventi diritto. Si osserva che tali oneri non genererebbero marginalità alcuna in capo alla Società, tant’è che anche A.R.E.R..A nel proprio “Manuale di contabilità regolatoria” del 10 giugno 2021, inserisce negli esempi di perimetrazione di attività e comparti settore elettrico e gas tali oneri sotto la voce “costi diretti” del conto economico. In ragione di queste considerazioni, i ricavi effettivi del bilancio 2018 risulterebbero, ad avviso di parte appellante, essere stati pari ad € 121.001.751 e non € 218.934.761, come ritenuto dall’A.G.C.M..
6.3 Parte appellante contesta poi l’affermazione secondo cui gli addebiti “sono stati effettuati in numerosissimi casi” e l’asserita esistenza di una prassi di “fatturare indebitamente una molteplicità di oneri ad un’ampia base di clienti” (cfr. pagg. 10- 11 della sentenza impugnata). A dispetto di quanto abbia lasciato intendere l’Autorità, i consumatori interessati dall’asserita pratica sarebbero stati un numero irrisorio. In particolare si deduce che, prendendo come base il primo semestre del 2019, sarebbero stati presentati 3.593 reclami su una customer base di 76.086 clienti (circa il 4,7% degli utenti di Enegan S.p.A.) e che, escluse le contestazioni sugli Oneri 4.8 e le doglianze afferenti agli altri oneri, i reclami sono stati solamente 1.373 (circa l’1,8% della customer base della Società).
6.4 Si deduce, ancora, sotto altro aspetto, che andrebbe valorizzata la condotta collaborativa tenuta da Enegan S.p.A.. In particolare parte appellante evidenzia di essersi attivata al fine di superare le criticità rilevate dall’A.G..C.M. (cfr. provvedimento gravato in prime cure, par. 125-129) nel seguente modo:
– eliminando, da gennaio 2019, gli Oneri a Copertura del Rischio Credito (ex oneri C.R.C.), sostituendoli con gli OGM, al fine di coprire i costi connessi alla morosità del cliente, determinati ex ante mediante un corrispettivo unitario, applicabili al primo ciclo di fatturazione successivo alla morosità del cliente;
– eliminando, da gennaio 2019, il corrispettivo perequativo (previsto nelle C.T.E. nel periodo gennaio – dicembre 2018);
– eliminando, da luglio 2019, i corrispettivi dovuti per la vendita di energia verde in quota variabile, precedentemente previsti dalle C.G.F., inserendo un corrispettivo in misura fissa per punto di prelievo;
– sospendendo, dal mese di ottobre 2019, gli oneri ex articolo 4.8 delle CGF per i clienti domestici (sospesi dal gennaio 2020 anche per la clientela business), allo scopo di eliminare completamente dalle nuove Condizioni generali di fornitura (in stampa dal dicembre 2019) il citato articolo 4.8.;
– eliminando gli oneri amministrativi e il P.C.V. in quota variabile, e introducendo un unico corrispettivo di commercializzazione e vendita in quota fissa;
– rimuovendo spontaneamente il responsabile dell’U.I.L. ed avviando numerose e fattive interlocuzioni con il CODACONS al fine di avviare un percorso di rafforzamento della tutela dei consumatori.
6.5 Per quanto concerne la durata l’A.G.C.M. avrebbe fatto erroneamente decorrere l’inizio della presunta pratica a far data dal secondo semestre del 2016 fino alla completa cessazione, alla fine dell’anno 2019. Nel dettaglio secondo parte appellante l’Autorità avrebbe, anzitutto, errato nel far risalire tutte le condotte contestate al 2016, senza considerare i differenti momenti in cui i vari oneri contrattuali sono stati applicati dalla società.
Inoltre, si osserva che, ove l’Autorità avesse avviato il Procedimento in un tempo ragionevole, la durata delle condotte ascritte a Enegan S.p.A. non sarebbe stata “prolungata” e, pertanto, la pratica commerciale contestata sarebbe risultata certamente meno grave.
6.6 Sotto altro profilo si lamenta la mancata presa in considerazione da parte del T.A.R. del principio di proporzionalità.
Parte appellante deduce, in particolare, che, rispetto ad altri procedimenti relativi alle pratiche commerciali scorrette, l’A.G.C.M., davanti a società con fatturati oscillanti tra i 2 e gli 11 miliardi (i.e. riguardanti le società con le maggiori quote di mercato), ha applicato multe da un minimo di €1.725.000,00 fino ad un massimo € 3.600.000,00 (cfr. PS9354, PS9541, PS9542 e PS9883). Di contro, ad Enegan S.p.A., operatore di piccole dimensioni, presente principalmente in centro Italia, ha comminato una sanzione di € 2.875.000,00 (e non € 2.750.000,00 come erroneamente indicato dal T.A.R.), peraltro sull’assunto che si tratterebbe di un grande player.
6.7 In ultimo, si deduce che il T.A.R. avrebbe erroneamente mancato di prendere in considerazione le deduzioni svolte in primo grado con riferimento alla ritenuta recidiva.
Si osserva., in particolare, che ad Enegan S.p.A. è stata applicata una maggiorazione di € 375.000,00 (ovverosia di circa il 15 % della multa imposta) derivante dalla applicazione della circostanza aggravante consistita nell’essere stata già destinataria di un provvedimento di violazione del Codice (provvedimento, par. 132) per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 20, comma 2, 24, 25 e del combinato disposto degli artt. 26, lettera f), e 66-quinquies del Codice (per avere concluso contratti non richiesti e attivato forniture non richieste di energia elettrica e gas, in assenza di una corrispondente manifestazione di volontà nonché nell’avere diffuso – per il tramite dei propri agenti – informazioni ingannevoli od omissive e ostacolato l’esercizio del diritto di ripensamento dei consumatori). Sostiene parte appellante che Enegan S.p.A. avrebbe applicato in buona fede i vari oneri contestati proprio sulla base del fatto che l’Autorità, nel corso di tali precedenti procedimenti, avesse già avuto modo di entrare nel merito dei contratti dalla stessa stipulati.
Per contro, il provvedimento gravato in prime cure avrebbe illogicamente ritenuto che “l’analisi ivi svolta aveva ad oggetto, esclusivamente, i profili di violazione delle norme del Codice del Consumo riguardanti l’attivazione di contratti di fornitura di energia elettrica e gas non richiesti dai consumatori” (provvedimento, par. 102). Ad avviso di parte appellante, infatti, o le condotte oggetto di accertamento sarebbero le stesse e allora il provvedimento andrebbe riformato per violazione del ne bis in idem oppure, se si tratta di due condotte diverse, non sussisterebbero i presupposti per l’operatività della disciplina in materia di reiterazione dell’illecito, prevista all’art. 8-bis di cui alla l. n. 689 del 1981. A ciò si aggiunge che il provvedimento reso a valle del procedimento attivazioni non sarebbe passato in giudicato, in quanto sarebbe pendente ricorso dinanzi al T.A.R.
7. Tutte le censure mosse a mezzo del quarto motivo di appello sono infondate.
Il T.A.R. ha correttamente disatteso, con una motivazione adeguata e convincente, le doglianze proposte, in via di subordine, avverso la quantificazione della sanzione irrogata.
In generale occorre ribadire che la sanzione comminata dall’Autorità (dell’importo finale di 2.875.000 €) appare congrua e proporzionata alle specifiche circostanze del caso di specie.
Ciò alla luce, in particolare, tanto del carattere sistematico della pratica quanto delle dimensioni dell’operatore sanzionato.
Per ciò che attiene al primo aspetto è sufficiente segnalare che, la sola applicazione degli oneri ex articolo 4.8 delle condizioni generali di fornitura, ha visto, in un frangente di tempo abbastanza prolungato (dal secondo semestre 2016 fino al mese di ottobre 2019) una media di oltre 1.000 contestazioni l’anno. Deve aggiungersi che risulta elevato anche il numero dei reclami in termini assoluti considerando che non tutti i clienti (anzi una minoranza di essi) azionano tale rimedio.
Per quanto attiene, poi, al secondo aspetto, benché in effetti, come denunciato da parte appellante, Enegan S.p.a. non possa considerarsi tra i più grandi operatori del mercato di riferimento, la sanzione irrogata appare comunque proporzionata rispetto ai ricavi di questa tout court considerati, senza che assuma rilievo la circostanza che una parte del fatturato dell’operatore sia costituito da costi indiretti. La giurisprudenza di questa Sezione (sentenza del 27 dicembre 2023, n. 11175) ha, infatti, di recente ribadito che “indice dell’effettiva condizione economica del professionista è il fatturato complessivamente realizzato nell’ultimo anno, in quanto esso fornisce un indice della specifica dimensione economica” e che “attribuire rilevanza al fatturato quale parametro di commisurazione del quantum sanzionatorio consente il dispiegarsi dell’effetto deterrente e dissuasivo della sanzione medesima che deve, infatti, essere adeguata ed efficace per disincentivare condotte qualificabili come pratiche commerciali scorrette”.
Nel dettaglio, nell’esercizio 2018, periodo in cui la pratica era stata posta in essere, prima delle modifiche apportate soltanto nel 2019 e in maniera peraltro graduale, la detta società aveva realizzato ricavi derivanti dalle vendite e dalle prestazioni pari a € 218.934.761. Ne consegue che, a raffronto di tale fatturato risultante dall’ultimo bilancio prodotto, la sanzione irrogata pari a 2.875.000 € costituisce poco più dell’1% dello stesso.
A tanto va aggiunto che il fatturato rappresenta, in ogni caso, solo uno dei parametri legali per la dosimetria della sanzione, la quale passa per una valutazione sintetica con i caratteri della sistematicità e gravità intrinseca della pratica.
Proprio la natura globale della valutazione espressa dall’Autorità in sede di dosimetria della sanzione impedisce, peraltro, di apprezzare la pure denunciata disparità di trattamento rispetto alla posizione di altri operatori di uguali o maggiori dimensioni, atteso che, per aversi reale discriminazione, è necessario che la condizione dei sanzionati sia assolutamente identica sotto ogni profilo (e, quindi, anche quello della gravità e sistematicità delle condotte), identità invero neppure allegata nel caso di specie da parte appellante.
7.1 Né colpiscono nel segno le deduzioni svolte da parte appellante con riguardo al ravvedimento operato da Enegan S.p.A..
Più segnatamente occorre evidenziare, in generale, che “il comportamento rivolto alla eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, per rilevare ai fini della riduzione della sanzione, non può consistere nella mera interruzione volontaria di ulteriori comportamenti violativi, e ciò anche quando tale interruzione si verifica prima dell’avvio della istruttoria da parte dell’Autorità” (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 321).
Enegan S.p.A. ha, quindi, proceduto ad un’emenda solo parziale delle proprie condotte apportando in via unilaterale delle modificazioni contrattuali volte a ripristinare l’originario regolamento negoziale. Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, di queste iniziative l’Autorità ha anche tenuto conto in sede di adozione del provvedimento gravato in prime cure, rimodulando in riduzione la durata della condotta in contestazione ed individuando il termine di questa nella fine del 2019 (così valorizzando, per l’effetto, l’estensione del nuovo regime ai clienti già in fornitura dal 1° aprile 2020 a seguito di informativa comunicata tre mesi prima).
7.2 In questo senso va rilevato che la condotta di Enegan S.p.A. è stata presa in considerazione, anche ai fini sanzionatori, per le ragioni esposte supra al punto 4.) nel suo complesso in quanto frutto di una specifica politica aziendale che ha trovato unitariamente applicazione nel tempo.
È stato, quindi, ragionevolmente ritenuto, sulla scorta degli elementi acquisiti, che la pratica commerciale sia stata posta in essere a far data dal secondo semestre 2016 per poi essere modificata, gradualmente e progressivamente, fino alla sua completa cessazione al termine dell’anno 2019 (e per i clienti già in fornitura addirittura dal 1° aprile 2020 – par. 130 del provvedimento gravato in prime cure).
Né può assumere rilievo, ai fini della determinazione della durata della pratica aggressiva, la lunghezza temporale della fase preistruttoria posto che, nella prospettiva sanzionatoria, ciò che rileva è la scelta consapevole dell’operatore di porre in essere le condotte illecite e di perpetuarle, seppur con modalità diverse, fino alla fine del 2019 non potendo questi vantare, per il principio del versari in re illicita, alcun affidamento in ordine alla legittimità delle proprie condotte nel frangente temporale antecedente all’apertura dell’istruttoria formale. Deve aggiungersi, peraltro che, nel caso di specie, il procedimento ha avuto, globalmente inteso, una durata del tutto ragionevole tenuto conto delle quattro proroghe richieste dalla stessa società appellante e motivate dalla stessa per esigenze di carattere difensivo, formulate in data 27 luglio 2019, 6 settembre 2019, 18 novembre 2019 e 6 dicembre 2019 e puntualmente accolte dall’Autorità.
7.3 In ultimo, privo di giuridico pregio è il profilo di doglianza relativo all’applicazione della recidiva.
Secondo consolidato orientamento anche di Codesta Sezione “Al fine di applicare l’istituto della recidiva non è indispensabile una sostanziale identità tra le fattispecie prese a riferimento, risultando sufficiente solo il fatto che il professionista sia già stato destinatario di altri provvedimenti adottati dall’Autorità in applicazione delle disposizioni del codice del consumo in materia di pratiche commerciali scorrette” (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 2 agosto 2018, n. 8699).
Ebbene, nel caso in esame, Enegan S.p.A. risulta essere stata destinataria di un precedente provvedimento dell’A.G.C.M. per violazione delle norme del Codice del Consumo (provvedimento PS10338 Enegan attivazioni non richieste, pubblicato sul Bollettino dell’Autorità n. 2/2017). Inoltre, le condotte qui in contestazione e quelle oggetto di tale precedente provvedimento, pur storicamente distinte per tempo e modalità, appaiono sostanzialmente sovrapponibili attenendo alla violazione di parametri analoghi (dando così vita ad illeciti della medesima indole).
Ne discende che, da un lato, va esclusa la ricorrenza di un bis idem (che avrebbe richiesto l’identità del fatto storico) e, dall’altro, ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’aggravante ex art. 8-bis di cui alla l. n. 689 del 1981.
Del tutto irrilevante è, per contro, la circostanza che il precedente provvedimento risultasse ancora sub iudice. Per insegnamento pretorio ciò che assume importanza è, infatti, unicamente l’efficacia ed esecutività della sanzione a suo tempo comminata al momento dell’adozione del nuovo provvedimento (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479).
8. In conclusione, per le ragioni sopra esposte l’appello è infondato e va respinto.
9. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono ex artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c., nei rapporti tra l’appellante Enegan S.p.A. e A.G.C.M., la soccombenza e sono da porre a carico della prima.
9.1 Sussistono, invece, nei rapporti tra l’appellante Enegan S.p.A. e CODACONS, anche in ragione delle difese svolte da quest’ultima, giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante Enegan S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, a titolo di spese processuali, in favore dell’appellata A.G.C.M., in persona del legale rappresentante pro tempore, della somma di € 8.000,00 (ottomila/00) oltre gli accessori di legge (se dovuti).
Spese compensate tra l’appellante Enegan S.p.A. e CODACONS.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Giovanni Gallone
IL PRESIDENTE
Carmine Volpe
IL SEGRETARIO
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