Corte d’Appello di Cagliari, Sentenza del 15 novembre 2023, n. 376
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI
composta dai magistrati
dott. M. Teresa Spanu – Presidente rel.
dott. Cinzia Caleffi – Consigliere
dott. Cristina Fois – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento iscritto al n. 280 del Ruolo Affari Contenziosi per l’anno 2021 promosso da
(…) (C.F.: (…)), elettivamente domiciliato in Cagliari, presso lo studio dell’avv. An.So., che lo rappresenta e difende per procura speciale allegata all’atto di citazione di primo grado,
appellanti
CONTRO
(…) s.p.a. (C.F.: (…)), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Sassari, presso lo studio dell’avv. Co.Ma., che lo rappresenta e difende per procura generale 3-04-01Notaio M.,
appellato
All’udienza del 14-07-2023 la causa è stata tenuta a decisione sulle seguenti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 165/2021 il Tribunale di Sassari rigettava la domanda proposta da (…) nei confronti del (…) s.p.a. e volta alla rettifica del tasso corrispettivo da applicare al mutuo stipulato tra le parti in data 23-11-04, previa declaratoria di illegittimità dei tassi (…) previsti in contratto quantomeno per il periodo 26-09-2005/30-03-2008; le spese processuali erano regolate secondo soccombenza.
L’attore deduceva la indeterminatezza del parametro (…) richiamato dall’art. 3 del contratto quale tasso corrispettivo variabile e la sua artificiosa manipolazione – essendo provata la condotta illecita di alcune banche costituite in cartello diretta ad alterarne il valore, come accertato dalla Commissione Europea nelle decisioni del 4-12-2013 e del 7-12-2016 – e chiedeva fosse dichiarata la nullità del tasso di interesse
applicato al mutuo, da ricalcolare al tasso legale o al tasso sostitutivo ex art. 117 T. o ancora facendo ricorso al dettato dell’art. 1349 c.c.; in subordine, invocava la fattispecie dell’illecito arricchimento. Formulava quindi domanda di ripetizione delle somme pagate in virtù dei titoli dichiarati nulli.
Riconosciuta la determinabilità dell’oggetto anche nell’ipotesi di rinvio ad elementi esterni al contratto purchè prestabiliti e obiettivamente individuabili, il tribunale osservava che le modalità della determinazione del tasso del mutuo erano sottratte alla discrezionalità dell’istituto
mutuante ed erano stabilite a priori cosicchè l’eventuale alterazione dei dati confluenti nel procedimento di rilevazione dell'(…) avrebbe concretato semmai un’ipotesi di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale ma non di nullità parziale del contratto.
Il primo giudice escludeva in ogni caso fosse rimasta provata l’intesa anticoncorrenziale e la partecipazione al cartello da parte della banca convenuta. Per gli stessi motivi era respinta anche la domanda di ingiustificato arricchimento.
Avverso tale decisione ha proposto appello (…), deducendo: (i) l’erronea valutazione della clausola contrattuale che conteneva il rinvio all'(…) laddove il tribunale escludeva che la nullità di
parametri esterni al contratto potesse riverberarsi sulla clausola, mentre proprio la nullità del parametro (…) ex art. 101 TFEU rendeva nulla ex art. 1346-1418 c.c. la clausola che lo recepiva; (ii) la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 1346-1418 c.c. nella parte in cui il tribunale riteneva infondata la domanda contrattuale di nullità e
proponibile soltanto la domanda di responsabilità extracontrattuale a fronte dell’espressa comminatoria di nullità contenuta nell’art. 101 TFUE; (iii) l’erronea valutazione della manipolazione (…) accertata dalla Commissione Antitrust della Comunità Europea e la sua incidenza sul contratto di mutuo.
Si è costituito il (…) s.p.a., rilevando in primo luogo che sulla determinatezza ex art. 1346 c.c. della clausola n. 3, affermata dal primo giudice, era calato il giudicato per espresso riconoscimento dell’appellante.
Nel merito, ha ribadito le argomentazioni già spese in primo grado circa la legittimità del parametro (…) utilizzato nel contratto di mutuo stipulato tra le parti e, in ogni caso, l’improponibilità di una domanda contrattuale nei confronti di una banca non partecipante al cartello; ha chiesto quindi la conferma della sentenza di primo grado.
La causa, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, è stata quindi tenuta a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va osservato che l’attore non deduceva l’indeterminatezza della clausola n. 3 del contratto così come formulata bensì l’indeterminatezza del parametro ivi utilizzato per l’individuazione del tasso di interesse da applicare al contratto di mutuo (v. la premessa in diritto di cui a pag. 1 dell’atto di citazione di primo grado) e in questi termini va valutato il primo motivo di impugnazione.
Invero, parte attrice portava all’attenzione del tribunale, oltre che il difetto di oggettività, affidabilità e determinatezza del tasso (…), la violazione dell’art. 101 TFUE (pagg. 8 e ss. atto di citazione) attuata nel periodo dal 29-09-2005 al 30-05-2008 con la pubblicazione di quotazioni (…) manipolate e le ripercussioni sulla vicenda contrattuale de quo.
Ciò posto, i motivi di impugnazione possono essere trattati congiuntamente.
Come è noto, l'(…) (acronimo di (…) Offered Rate) è il tasso elaborato sulla media delle quotazioni segnalate per operazioni interbancarie da un gruppo di banche europee appartenente alla (…) (oggi (…)). Si tratta cioè di un tasso medio ricavato dalle stime ritenute applicabili in impieghi a breve termine da un primario istituto europeo nei confronti di soggetto solvibile, privo di riferimento a specifiche rilevazioni di transazioni. Ricevute le quotazioni, la (…), cui è affidata la procedura di calcolo, provvede ad elaborare l'(…).
Il richiamo di tale parametro per stabilire per relationem le condizioni regolanti il contratto bancario è astrattamente ammissibile, non essendo vietato in modo assoluto dall’art. 117 TUB il rinvio ad elementi esterni al documento contrattuale che siano obiettivamente identificabili bensì il rinvio ad usi o comunque a parametri non determinabili preventivamente da parte del cliente in quanto rimessi alla decisione unilaterale (e arbitraria) della banca (cfr. Cass. Civ. n. 17110/19).
Il profilo di nullità dedotto in giudizio si fonda invece sulla illegittimità a monte della fissazione del tasso (…) nel periodo settembre 2005-maggio 2008 (questo è il periodo indicato nella citazione di primo grado e nella memoria n. 1 ex art. 183 c.p.c.), in quanto oggetto di manipolazione da parte di un gruppo di banche all’atto della comunicazione dei dati, come accertato dalla Commissione Antitrust Europea con decisione del 4-12-2013.
In particolare, la Commissione aveva sanzionato la condotta delle banche che avevano costituito un cartello allo scopo di alterare il procedimento di fissazione del prezzo di alcuni componenti dei derivati e quindi il rendimento medio (…), condotta consistita nell’aver comunicato e/o ricevuto preferenze per un settaggio a valore costante in dipendenza delle proprie posizioni commerciali o esposizioni, nell’essersi scambiate informazioni non di dominio pubblico sulle intenzioni per l’invio di futuri dati per l'(…), nell’aver allineato i dati da comunicare alle informazioni confidenziali ricevute, nell’essersi uniformati ad un livello specifico nella comunicazione dei dati, nell’aver comunicato alle altre banche la quotazione appena inoltrata all'(…) o ancora prima di inviarla. L’autorità antitrust concludeva che la manipolazione dei tassi (…) aveva inciso sul normale andamento del mercato degli (…) attraverso un innalzamento dell'(…) per favorire la circolazione dei prodotti derivati ad un prezzo falsato e ridurre anticipatamente il fattore di incertezza che sarebbe altrimenti stato presente nel mercato circa il comportamento futuro degli altri competitor, lucrandone un forte guadagno una volta tornato l'(…) a valori più bassi e così attuando una violazione del principio di libera concorrenza sancito dall’art. 101 TFUE laddove dispone che “Sono incompatibili con il mercato interno evietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra stati membri e che abbiano per oggetto o per l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni della transazione ? Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”.
Trattasi di disposizione di ordine pubblico vincolante per gli stati dell’Unione Europea (v. Direttiva 2014/104/UE), che trova riscontro nel diritto interno italiano all’art. 2 della L. n. 287 del 1990 ove è statuito: “Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel a) fissare direttamente di prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”, norma evidentemente finalizzata a perseguire l’obiettivo di tutelare il libero svolgimento del mercato proibendo qualsiasi distorsione della concorrenza anche mediante comportamenti non negoziali.
La decisione della Commissione Europea – peraltro liberamente consultabile e ormai patrimonio della conoscenza giuridica globale – è prova idonea a supportare la domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione (sulla vincolatività delle decisioni della Commissione v. art. 16 Reg. CE n. 1/03), in quanto emerge inequivocabilmente la prova dell’intesa sulla trasmissione di dati alterati. In particolare, nell’identificare le condotte vietate la Commissione faceva riferimento: a) allo scambio di preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi valori (…); queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie posizioni commerciali o esposizioni; b) allo scambio di informazioni dettagliate non di dominio pubblico sulle posizioni commerciali o sulle intenzioni per futuri invii di dati (…); c) all’accordo per allineare le proprie posizioni sui derivati sulla base delle condotte sopra descritte; d) all’accordo per allineare alcuno degli invii futuri di dati per l'(…) sulla base delle informazioni ottenute attraverso le condotte precedenti; e) all’invio di dati (…) che seguisse una determinata direzione o un livello specifico; f) all’anticipata diffusione tra i traders dei dati da comunicare all’agente calcolatore dell'(…). L’autorità antitrust concludeva poi che “i valori diriferimento che vengono riflessi nei pressi (…) si applicano a tutti i partecipanti a quel mercato e che i tassi pregiudizievoli hanno un’importanza fondamentale per l’armonizzazione delle condizioni finanziarie del mercato comune e per le attività bancarie degli stati membri”.
In questi termini la condotta accertata non consiste in un mero scambio di informazioni, essendo proveniente dai soggetti appositamente intervistati sui valori delle quotazioni utilizzate per confezionare il parametro (…).
La diretta incidenza della comunicazione dei dati da parte dalle banche del panel sul procedimento di determinazione dell'(…) è innegabile e la manipolazione non è certamente superata dalla successiva operazione di eliminazione del 15% delle quotazioni più basse e del 15% delle quotazioni più alte da parte della (…), poiché l’effetto dell’alterazione si è comunque ripercosso su tutti i dati.
Non può pertanto convenirsi con l’affermazione del primo giudice laddove riteneva che la determinabilità del tasso esaurisse ogni profilo di validità del tasso (…) e quindi del tasso contrattuale e che la manipolazione dei dati potesse al più integrare violazione di norme di comportamento rimediabili con l’azione risarcitoria.
La nullità del tasso (…) nel periodo settembre 2005/maggio 2008 per violazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 2 legge antitrust è invece utilmente invocabile da parte del cliente di un finanziamento bancario indicizzato sull'(…), legittimato ad ottenere il ripristino delle condizioni legali anche se il soggetto mutuante non abbia preso parte all’intesa vietata. Invero, la nullità dell’intesa antitrust a monte – recepita per determinare il tasso nel contratto a valle – comporta la nullità, per violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c., della convenzione di interessi e la conseguente applicazione del tasso legale in luogo del tasso contrattuale parametrato all'(…).
Il primo comma dell’art. 1418 c.c. ha concepito un sistema aperto di nullità per violazione di norme imperative, in cui rientra qualsiasi assetto contrattuale che si ponga in contrasto con precetti inderogabili, quale certamente la disciplina posta a tutela della libera concorrenza.
Al rilievo di nullità per violazione di norma imperativa non osta la circostanza che il contratto de quo era stato stipulato nel 2004 cioè in data precedente alla accertata condotta anticoncorrenziale e che il (…) di (…) s.p.a. non aveva preso parte al cartello sanzionato dall’autorità antitrust.
Vanno al riguardo sviluppate alcune considerazioni di fondo.
Certamente la verifica della validità del contratto va condotta con riferimento al momento genetico del vincolo negoziale, rispetto al quale, secondo la dottrina tradizionale, sarebbero irrilevanti gli eventi sopravvenuti relativi ad uno degli elementi essenziali, tranne l’ipotesi delle nuove norme a carattere retroattivo, che inciderebbero sugli effetti del rapporto e non sulla validità dell’atto.
La questione merita però ulteriori riflessioni non già sulla ovvia considerazione che il giudizio di validità del contratto espresso al momento del suo perfezionamento non può essere rimosso alla luce di fattori sopravvenuti bensì in ordine alla sorte di quello stesso atto nel corso della sua durata ed alla sua perdurante validità e/o efficacia, in senso diacronico, a seguito dell’insorgenza di nuovi eventi.
Una delle fattispecie che ha dato origine a tale discussione è quella relativa ai contratti di mutuo ed all’incidenza del superamento delle soglie stabilite dalla legge antiusura durante lo svolgimento del rapporto. In quanto contratto reale, il mutuo si perfeziona con la dazione della res cui corrisponde l’obbligo dell’accipiens di restituire il tantundem eiusdem generis, realizzando così la funzione economico sociale tipica di questo contratto; nondimeno è caratterizzato dalla durata del rapporto quale effetto della programmazione negoziale voluta dalle parti. Ed è proprio con riguardo alla durata che la Suprema Corte è intervenuta per risolvere il contrasto formatosi sulla applicabilità della L. n. 108 del 1996 ai contratti di mutuo stipulati prima della sua entrata in vigore ed anche a quelli stipulati successivamente e recanti tassi inferiori alla soglia dell’usura, superata poi nel corso del rapporto (S.U. n. 24675/17: “… più precisamente nel chiarire quale sia la sorte della pattuizione di un tassod’interesse che, a seguito dell’operatività del meccanismo previsto dalla stessa legge per la determinazione della soglia oltre la quale un tasso è da qualificare usurario, si riveli superiore a detta soglia”), assumendo che le disposizioni normative antiusura, alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 c. 1 D.L. n. 394 del 2000, attribuiscono rilevanza – ai fini della qualificazione del tasso convenzionale come usurario – al momento della pattuizione dello stesso e non al momento del pagamento degli interessi, “valorizzando in tal modo il profilo della volontà e dunque della responsabilità dell’agente”. L’elaborazione dei diversi orientamenti formatisi sulla materia è ricondotta dalle Sezioni Unite nel solco dell’interpretazione autentica dei precetti di cui agli artt. 644 c.p. e 1815 c. c.c. fornita dalla L. n. 108 del 1996 come interpretata dall’art. 1 D.L. n. 394 del 2000, così preservando la clausola originariamente pattuita da qualsiasi censura di invalidità e/o inefficacia sopravvenuta per contrasto con la legge antiusura.
Gli orientamenti contrari appuntavano invece l’attenzione sulla inderogabilità delle disposizioni imperative e sui relativi effetti. Secondo Cass. Civ. Sez. I n. 4092/05 (conf. n. 4093/05, 2140/06, 6550/13), la nullità dei patti determinativi degli interessi con rinvio agli usi o in misura tale da raggiungere la soglia dell’usura, stabilita da norme entrate in vigore successivamente, in difetto di previsione di retroattività, non determina l’invalidità delle clausole originariamente pattuite, ma ne implica l’inefficacia ex nunc, traducendosi l’inefficacia sopraggiunta di un accordo di durata in ragione in tutto o in parte estintiva dei diritti conesso costituiti. A sua volta, Cass. Sez. I n. 9405/17 ribadiva il principio adottato nella sentenza n. 17150/16 laddove è sancita l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti in corso divenute contrastanti con le disposizioni della L. n. 108 del 1996 e la loro conseguente sostituzione con la disciplina legale, osservando che “la norma d’interpretazione autentica contenuta nel citato art. 1 del D.L. n. 394 del 2000, secondo la quale la valutazione dell’usurarietà del tasso d’interesse deve essere svolta sulla base di quello pattuito originariamente, non elimina l’efficacia delrilievo dell’illiceità dovuta al sopravvenuto superamento del tasso soglia ma esclude che possano essere applicate le sanzioni civili e penali (come specificamente indicato da Corte Cost. n. 29 del 2002) stabilite all’art. 644 cod. pen. e 1815 cod. civ. Questa costituisce l’unica opzione ermeneutica compatibile con la natura inderogabile ed imperativa della determinazione normativa periodica dei tassi soglia per ciascuna tipologia contrattuale ivi prevista”.
L’argomentazione posta a fondamento della pronuncia delle Sezioni Unite inerisce invece la portata interpretativa della disposizione inderogabile esaminata, impegnativa per i contraenti soltanto nel momento della formazione dell’accordo anche sul piano della buona fede, pur con qualche “difficoltà” applicativa sul piano dell’esecuzione del contratto (v. pag. 13 sentenza); tuttavia non esclude in radice, ma anzi sembra presupporre, l’interferenza dei fattori sopravvenuti sulla validità ed efficacia dei contratti in corso, ammessa da quell’orientamento che riconosceva la sensibilità dei rapporti pendenti alla normativa sopravvenuta non retroattiva (sulla nullità sopravvenuta cfr. Cass. Civ. n. 827/99, che distingue la disciplina del fatto generatore del rapporto, che resta soggetta alla legge del suo tempo, da quella sul rapporto in corso, “… la (L. n. 287 del 1990) laddove stabilisce la nullità dell’intesa non chiede di far rilevare l’eventuale negozio che può costituire origine dell’effetto da evitare, ma piuttosto quella situazione, anche ulteriore all’eventuale negozio, che in quanto tale realizza un ostacolo al gioco della concorrenza … La legge, stabilendone la nullità ad ogni effetto, ha voluto anche togliere l’efficacia di legge tra le parti che un eventuale negozio possiede per sua natura, se validamente costituito”).
In questi termini si propone la questione della ripercussione della nullità delle intese restrittive realizzate per la determinazione dei parametri (…) sui contratti di mutuo a tasso variabile in corso nel periodo interessato dalla manipolazione.
Anche in questo caso non si discute della nullità della clausola sugli interessi al momento del perfezionamento del contratto bensì della perdurante validità/efficacia o inefficacia in senso stretto della determinazione convenzionale degli interessi che si accerti divenuta in contrasto con la norma imperativa in materia di tutela della libertà del mercato e della concorrenza. Se nella fase dinamica del rapporto le condizioni stabilite in contratto vengono a porsi in contrasto con una disposizione inderogabile, deve quantomeno riconoscersi un’inefficacia in senso stretto della relativa clausola se non addirittura l’inefficacia derivante da nullità sopravvenuta, intesa quale contrarietà (parziale) del contratto prodottasi durante il suo svolgimento per effetto di un fatto sopraggiunto che impone la verifica della tenuta di validità delle condizioni originariamente pattuite proprio in considerazione della prestazione periodica del pagamento degli interessi (come nell’ipotesi del mutuo a tasso variabile, stipulato dopo l’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, in cui – per effetto del meccanismo convenzionale di determinazione della misura – venga oltrepassata la soglia usuraria in corso in esecuzione, che soltanto nella prospettiva consegnata dalle S.U. n. 24675/17 rimane irrilevante, mentre comporterebbe nullità sopravvenuta della clausola qualora si privilegiasse il momento del pagamento).
Nella specie, la contrarietà alla norma imperativa non si è concretata al momento della stipulazione del contratto, risalente al 2004, ma nel momento in cui il tradens aveva ricevuto interessi frutto di un’intesa nulla sopraggiunta che aveva reso invalida la clausola di determinazione del tasso corrispettivo anche agli effetti di cui all’art. 1284 c. 3 c.c.; in senso contrario si dovrebbe ammettere una deroga al principio quod nullum est nullum producit effectum e fare salvo il tasso privo di valido titolo nei rapporti con i destinatari finali della manipolazione, così limitando la tutela dei singoli debitori al solo piano risarcitorio nei confronti degli autori della violazione.
Non è fuor d’opera richiamare la decisione resa dalla Suprema Corte a sezioni unite (n. 41994/21) in materia di fideiussioni omnibus conformi al modello A. dichiarato in parte qua anticoncorrenziale dal Provv. n. 55 del 2005 della (…). Per quel che qui interessa e tenendo conto che in quel caso la pratica anticoncorrenziale aveva comportato l’adozione di clausole standard nei contratti a valle, geneticamente viziati (cfr. invece Corte d’Appello Milano 29-09-21, Trib. Milano n. 9708/21, Trib. Torino n.3225/20 ove è evidenziato che il parametro (…) incide sulla determinazione dell’entità del corrispettivo dovuto sul finanziamento concesso), il principio di diritto adottato dalle Sezioni Unite spiega che la destinazione ad una pluralità di operatori di condizioni contrattuali in violazione della L. n. 287 del 1990 altera la libertà del mercato non solo per l’attività imprenditoriale, ma anche per i consumatori, in quanto abbassa il livello qualitativo delle offerte rinvenibili erodendo la libera scelta; la tutela accordata dall’ordinamento – prosegue la Corte – non può essere limitata all’azione risarcitoria posto che “la nullità dell’intesa a monte si riverbera sul contratto stipulato a valle, che ne costituisce un consequenziale effetto, tanto da legittimare anche un’azione di ripetizione di indebito fondata sulla nullità del contratto medesimo”.
Se così è, anche nella fattispecie di causa risulta riduttivo sul piano della tutela accordare al consumatore finale esclusivamente l’azione risarcitoria contro i partecipanti al cartello, mentre fare riferimento soltanto alla genesi del rapporto di durata significa confinare la portata della disposizione imperativa alla conclusione del contratto (che, ricordiamo, le S.U. n. 24675/17 hanno preferito in virtù dell’interpretazione autentica della normativa e non per un fatto ontologico) e sterilizzarla durante lo svolgimento del rapporto allorché la fonte delle prestazioni eseguite dovrebbe invece continuare a mantenersi conforme al precetto.
Di contro, deve ritenersi che il cliente del contratto bancario indicizzato ad un tasso (…) nullo a monte ha diritto di ottenere la declaratoria di nullità di una clausola che, per effetto della prevista variazione, recepisce in corso di svolgimento del rapporto un parametro nullo, frutto di una condotta in violazione della normativa antitrust, nonchè la ripetizione di quanto pagato senza titolo.
La nullità parziale del contratto di mutuo non travolge l’intero contratto, secondo il principio utile per inutile non vitiatur, non essendo dedotta in causa la volontà negoziale di stipulare il mutuo soltanto a quelle condizioni, e prescinde dall’elemento psicologico in capo al mutuante all’atto della stipulazione del contratto.
In applicazione della regola generale di cui all’art. 1284 c.c., gli interessi corrispettivi del mutuo andranno dunque sostituiti dal tasso legale nel periodo in cui il tasso contrattuale è affetto da nullità.
Nella specie, il tasso di interesse variabile determinato nell’art. 3 del contratto di mutuo 23-11-2004 nella misura della metà del tasso nominale annuo dell'(…) a sei mesi aumentato di 0,90 punti semestrali, rilevato nel quart’ultimo giorno lavorativo bancario antecedente la decorrenza di ciascuna rata e pubblicato sul quotidiano “Il Sole 24 ore”, deve essere sostituito dal tasso legale vigente nel periodo 29-09-05/30-05-08, con una differenza di Euro 13.398,11 rispetto all’ammontare degli interessi pacificamente pagati dai mutuatari (v. l’elaborazione dei dati svolta dal c.t.u. nominato nel presente grado e precisazioni contenute nella comparsa conclusionale dell’appellante).
La sostituzione del tasso deve essere integrale, seppure il tasso (…) rappresenti la quota variabile cui si aggiunge una quota fissa, posto che il tasso contrattuale non è frazionabile arbitrariamente dall’interprete salvando la quota fissa, verosimilmente determinata anche in ragione della quota variabile.
In accoglimento dell’appello, deve essere dichiarata la nullità del tasso corrispettivo variabile applicato nel periodo 29-09-05/30-05-08 al contratto di mutuo stipulato il 23-11-04 tra (…) e il (…) s.p.a. e l’appellata deve essere condannata alla restituzione dell’indebito pari ad Euro 13.398,11.
Le spese processuali di entrambi i gradi vanno compensate tra le parti in considerazione della novità delle questioni trattate.
Le spese di consulenza tecnica, già liquidate, vanno poste a carico delle parti per metà ciascuno.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda ed eccezione:
1) in accoglimento dell’appello proposto da (…) avverso la sentenza n. 165/21 del Tribunale di Sassari, dichiara la nullità dei tassi applicati al rapporto di mutuo stipulato tra le parti in data 23-11-04 nel periodo 29-09-05/30-05-08 e condanna il (…), in persona del legale rappresentante, alla restituzione in favore di (…) della somma di Euro 13.398,11;
2) compensa tra le parti le spese processuali;
3) pone a carico delle parti per metà ciascuno le spese di consulenza tecnica, già liquidate.
Così deciso in Sassari il 9 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 15 novembre 2023.
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