CGT II grado Lazio, Sez. 2, sent. 23 febbraio 2023, n. 2073 – Presidente Liotta, Relatore Flamini
Massima
In tema di fermo amministrativo, qualora le cartelle di pagamento sottese al preavviso risultino regolarmente notificate e non tempestivamente impugnate, ogni doglianza riferita agli atti presupposti è inammissibile, potendo essere dedotti esclusivamente vizi propri del preavviso stesso. La notifica PEC da indirizzo non presente nei pubblici elenchi non è causa di nullità se l’atto ha comunque raggiunto il suo scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c.
Commento
1. Sintesi della pronuncia
La Corte di Giustizia Tributaria del Lazio ha rigettato l’appello proposto da un contribuente avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo per difetto di motivi validi riferiti all’atto autonomamente impugnato.
Nel confermare la decisione di primo grado, la Corte ha ribadito alcuni principi consolidati in tema di notifica degli atti presupposti, definitività della pretesa tributaria, e raggiungimento dello scopo dell’atto notificato, con riguardo anche alla validità delle notifiche via PEC da indirizzo non presente nei pubblici elenchi.
2. L’autonomia del preavviso di fermo e l’inammissibilità delle eccezioni su atti definitivi
Secondo giurisprudenza consolidata (Cass. n. 13138/2018; Cass. n. 28509/2022), il preavviso di fermo amministrativo è un atto autonomamente impugnabile, ma solo per vizi propri, ove le cartelle presupposte risultino notificate e non impugnate nel termine di legge.
Nel caso in esame, il contribuente aveva lamentato vizi di notificazione, contestato la legittimità degli importi, dedotto la prescrizione e altre irregolarità degli atti sottesi. Tuttavia, la Corte ha ritenuto inammissibili tutte le censure relative alle cartelle, poiché divenute definitive, ribadendo che in assenza di tempestiva impugnazione non è più possibile sindacarne la legittimità.
Tale principio si collega al tema della formazione del giudicato implicito amministrativo e della stabilità del rapporto obbligatorio. In dottrina (TESAURO, Il processo tributario, Giappichelli, 2020; MELIS, Contenzioso tributario, UTET, 2021), è stato affermato che “la definitività dell’atto non impugnato rappresenta un limite oggettivo all’estensione del thema decidendum, irrilevante l’eventuale illegittimità originaria dell’atto stesso”.
3. Notifica via PEC da indirizzo non registrato: rilevanza del raggiungimento dello scopo
Il ricorrente aveva eccepito l’invalidità della notifica via PEC del preavviso di fermo, sostenendo che il mittente avesse utilizzato un indirizzo non presente nei pubblici registri (INI-PEC o REGINDE), e che il file allegato non fosse in formato firmato “.p7m”.
La Corte ha rigettato l’eccezione facendo applicazione del principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., richiamando Cass. Sez. Un. n. 7665/2016 e n. 23620/2018, secondo cui la notifica non è nulla se l’atto ha comunque raggiunto la sua finalità conoscitiva.
Questo orientamento rispecchia una visione funzionalistica della notifica, ormai dominante, che la considera non più elemento costitutivo dell’atto, ma mera condizione di efficacia. È sufficiente che il contribuente abbia avuto conoscenza dell’atto per ritenere superata qualsiasi difformità formale (cfr. DE SANTIS, Le notificazioni nel processo tributario, in Dir. Prat. Trib., 2021).
La Corte ha anche chiarito che le disposizioni speciali in materia tributaria (artt. 26 DPR 602/73 e 60 DPR 600/73) non impongono alcun vincolo sull’indirizzo del mittente PEC, bensì solo sull’indirizzo del destinatario.
4. Motivazione del preavviso di fermo: sufficienza del rinvio agli atti presupposti
Altro punto qualificante della sentenza è il rigetto della censura relativa al difetto di motivazione del preavviso. La Corte ha richiamato Cass. n. 22018/2017, ribadendo che il preavviso può considerarsi validamente motivato anche per relationem, attraverso il semplice richiamo agli atti già noti al contribuente.
La dottrina ha sostenuto che, in materia di riscossione, la motivazione può essere “funzionalmente semplificata”, essendo l’obiettivo principale quello di porre il debitore nelle condizioni di identificare la pretesa e non necessariamente di conoscerne ogni dettaglio contabile (FALSITTA, in Trattato di diritto tributario, 2018).
5. Altri principi richiamati
-
Sproporzione tra credito e valore del veicolo: inapplicabilità del principio di proporzionalità al fermo ex art. 86 DPR 602/73, salvo prova della strumentalità del veicolo, che grava sul contribuente (Cass. n. 32506/2022).
-
Insussistenza di obbligo di invio di due solleciti: la norma di cui all’art. 7, comma 2, lett. gg-quinquies) D.L. 70/2011 è stata abrogata dal 2013 e non è più invocabile.
-
Prescrizione del credito: rigettata per mancato decorso del termine legale tra le date delle cartelle e quella del preavviso.
-
Spese di lite: corretta applicazione del principio della soccombenza, in assenza di gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione.
6. Conclusioni
La sentenza si segnala per l’ampiezza delle questioni affrontate e la coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, specie in materia di validità delle notificazioni telematiche, inammissibilità delle impugnazioni tardive e tenuta del sistema della riscossione alla luce della semplificazione digitale.
La pronuncia contribuisce a delimitare l’ambito delle doglianze ammissibili nei confronti degli atti della riscossione, escludendo ogni possibilità di “riesame surrettizio” degli atti ormai consolidati. Essa si pone inoltre nel solco di un orientamento che, pur valorizzando il diritto di difesa, ne subordina l’esercizio all’osservanza dei presupposti formali e temporali imposti dalla legge.